Un’opera di 550 metri sul Tevere. William Kentridge realizza a Roma il suo intervento pubblico più imponente. I miti del passato e del presente, evocati sui muraglioni del Lungotevere
A Roma è di scena la grande arte pubblica. Non un fatto ricorrente per la Capitale, e in genere per le città italiane, poco avvezze alle connessioni tra arti e architettura contemporanee e i centri urbani densi di memorie storiche ed archeologiche. Connessioni di complessa risoluzione, indubbiamente, ma che pure dovrebbero testimoniare la vitalità creativa […]
A Roma è di scena la grande arte pubblica. Non un fatto ricorrente per la Capitale, e in genere per le città italiane, poco avvezze alle connessioni tra arti e architettura contemporanee e i centri urbani densi di memorie storiche ed archeologiche. Connessioni di complessa risoluzione, indubbiamente, ma che pure dovrebbero testimoniare la vitalità creativa e produttiva di ogni stagione culturale.
Oggi, un progetto di dimensioni colossali, pensato proprio in sinergia con l’anima monumentale della città, nel segno del rispetto, dell’integrazione, della valorizzazione e insieme della ricerca, arriva grazie all’impegno di Tevereterno Onlus. Un’associazione che ha lo scopo di restituire alla Città Eterna vita, bellezza e centralità del fiume Tevere, costruendogli intorno degli eventi capaci di favorire la partecipazione di turisti e cittadini.
Protagonista del 2014 è Triumphs and Laments, ideato da William Kentridge. Il grande artista sudafricano realizzerà un’opera lunga 550 metri sui muraglioni del Tevere compresi tra ponte Sisto e ponte Mazzini: attraverso la pulitura selettiva della patina di smog e della pellicola biologica accumulatasi sulle superfici, Kentridge creerà più di novanta grandi figure, alte fino a nove metri, protagoniste di un racconto epico in cui prenderanno forma i trionfi e le sconfitte dell’umanità, dall’età del mito fino alla vicende del presente. Come una lunga pellicola cinematografica, un fregio classico o una sceneggiatura teatrale srotolata nello spazio, la storia di Roma si tramuterà in una infinita processione di simboli e di personaggi: un landmark di grande impatto visivo, che i passanti potranno ammirare dalle banchine lungo il fiume così come dal livello del Lungotevere.
La tecnica – ideata e utilizzata dall’artista statunitense Kristin Jones nello stesso luogo, già nel 2005 – consente di non alterare le caratteristiche chimico fisiche del travertino, essendo perfettamente compatibile con la tutela dei monumenti storici. Un’opera, dunque, destinata a una progressiva scomparsa: negli anni i nuovi strati di smog e di materia biologica si accumuleranno sui muraglioni, lasciando sbiadire le immagini. Un cortocircuito significativo tra la natura imponente del lavoro, unita alla sua densità storica, e la fragilità di un inervento pensato per sciogliersi tra le maglie del tempo, lentamente.
Le fasi di preparazione sono già partite e il fregio – il più grande mai creato dall’artista – inizierà a vedere la luce nel 2014, con una serie di appuntamenti performativi in programma nel 2015, a conclusione del lavori. A curare il tutto sarà l’associazione stessa, sotto la direzione artistica della fondatrice Kristin Jones, insieme a una squadra internazionale di artisti, architetti, urbanisti e professionisti della cultura. Il budget? Interamente messo a disposizione da gallerie e sponsor privati. E del resto, se a gestire e finanziare un’operazione del genere fossero stati gli enti pubblici, avremmo forse vissuto dieci anni di pathos tra burocrazia, errori, intoppi, assegnazioni di incarichi, dispersioni di energie ed economie, prima di celebrare la fine dei cantieri.
Tevereterno, fondata nel 2004, ha già coinvolto nei suoi progetti sul Tevere artisti del calibro di Jenny Holzer, Steve Reich, Kiki Smith, Roberto Catani, Walter Branchi: un lavoro prezioso e intelligente, che ha portato migliaia di persone a riscoprire il waterfront di Roma, attraverso la forza delle visioni contemporanee.
– Helga Marsala
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