Vittorio Sgarbi collezionista, porta le sue opere in Spagna. Da Lorenzo Lotto a Tiziano, un frammento di una grande raccolta italiana, che l’Italia rifiutò. In mostra, a Burgos

Vittorio Sgarbi sarà senz’altro antipatico, smodatamente polemico, aggressivo, egocentrico, narciso e in fatto d’arte contemporanea quantomeno sui generis, con le sue balzane teorie inclusive e pop, che hanno prodotto anche pasticci, come l’ormai celebre Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2011. Ma la sua competenza in fatto di storia dell’arte antica e moderna è […]

Vittorio Sgarbi sarà senz’altro antipatico, smodatamente polemico, aggressivo, egocentrico, narciso e in fatto d’arte contemporanea quantomeno sui generis, con le sue balzane teorie inclusive e pop, che hanno prodotto anche pasticci, come l’ormai celebre Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2011. Ma la sua competenza in fatto di storia dell’arte antica e moderna è indiscutibile. Così come la sua passione viscerale e le sue doti di comunicatore. Uno che l’arte la conosce, la capisce e la sa raccontare. E che la compra, anche. Un collezionista compulsivo. Che di opere ne ha accumulate quasi quattromila in trent’anni, oggi stipate tra la sua abitazione romana e quella di famiglia, a Ro Ferrarese. Una raccolta di dipinti e sculture, di cui almeno cinquecento sono veri capolavori. Cercati e scovati per amore, per dedizione, per studio, per desiderio, lo stesso che trapela nelle sue enfatiche e dettagliate narrazioni critiche, tra saggi, convegni e opsitate televisive.
Ma una collezione del genere, descritta come “summa dell’arte italiana tra i XIII e gli inizi del XX secolo”, con nomi pazzeschi che vanno daLorenzo Lotto a Tiziano, dal Guercino al Veronese, da Artemisia Gentileschi a Guido Cagnacci, da Niccolò dell’Arca  a Antonio Cicognara, non meriterebbe d’essere esposta e condivisa? Non tanto in quanto “collezione Sgarbi” – che comunque di per sé tirerebbe già moltissimo – ma proprio per il valore dei pezzi. Meriterebbe, certo, e avrebbe anche, a naso, un ottimo riscontro in biglietteria. Eppure, a quanto pare, nessuno la vuole.

Guido Cagnacci, Allegoria del tempo - collezione Sgarbi

Guido Cagnacci, Allegoria del tempo – collezione Sgarbi

Non ci si riuscì con Letizia Moratti, con Pisapia e Boeri, con Alemanno e Gasperini, tantomeno con Marino, e saltò pure l’operazione col Monte dei Paschi di Siena, dopo gli scandali recenti. Un po’ per attriti personali sul fronte politico, un po’ per lentezze organizzative, intoppi vari e accordi non raggiunti: le sedi via via proposte – dal Palazzo Reale di Milano al Palazzo Braschi di Roma – sono tutte finite in un nulla di fatto.
Bizzarra storia. Che si conclude oggi con una mezza vittoria. Nel senso che la mostra c’è, finalmente, ma all’estero. Si intitola Il giardino segreto,  la cura di Javier Del Campo San José con il coordinamento scientifico di Pietro Di Natale, e include circa cinquanta pezzi della collezione: adesso è in Spagna, alla Casa del Cordón di Burgos, fino all’8 gennaio 2014, poi volerà ad Andorra e infine una tappa a Città del Messico.

Jusepe de Ribera, San Girolamo collezione Sgarbi

Jusepe de Ribera, San Girolamo collezione Sgarbi

E in Italia? Tutto tace. Nemmeno Ferrara, città d’origine del critico d’arte, ha mai concesso una sede istituzionale per accogliere la collezione. E dire che Sgarbi avrebbe anche voluto cederla alla Provincia, in comodato gratuito, per allestirla in permanenza negli spazi del Castello Estense, che ospita attualmente il Museo didattico virtuale degli Estensi. Niente da fare. Mancava il budget: non trattandosi di una donazione, i costi per modificare allestimento, sicurezza e percorsi sarebbero stati troppo elevati, a fronte di un semplice prestito. Una lunga diatriba, mai risolta, costellata di polemiche e rancori.
Nel mentre, a godere di questa succulenta testimonianza del genio artistico italiano saranno i cugini spagnoli, che Sgarbi magari non sanno nemmeno chi è, e che ne avranno, proprio per questo, un’immagine depurata da siparietti televisivi, improbabili comizi politici e operazioni culturali di taglio più commerciale. Uno Sgarbi fine collezionista, tout court. Che con la sua voluttuosa favella, tra le pagine del catalogo si racconta così: “La storia di una collezione  è storia di occasioni, d’incontri, di scoperte, s’incrocia con curiosità, ricerche, studi. Si manifesta come un’avventura, una battuta di caccia, una forma di gioco, anche d’azzardo. E poi una sfida, un corteggiamento, una conquista”.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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