Bologna Updates: terrificante l’installazione di Romeo Castellucci al rifugio antiaereo di Viale Indipendenza. Pathos a mille per una cruda rappresentazione del presente, specchio fedele di una realtà deformata
Le auto in manovra graffiano le orecchie con il pigolio dei pneumatici sulla resina dei pavimenti; e il cicalino elettrico scatta il suo lamento elettrico, stanco ma implacabile, ad ogn passaggio sotto il gabbiotto del custode. Una quotidianità acustica placida e immutabile quella dell’Autorimessa Pincio di Viale Indipendenza, su cui grava anche solo ad un […]
Le auto in manovra graffiano le orecchie con il pigolio dei pneumatici sulla resina dei pavimenti; e il cicalino elettrico scatta il suo lamento elettrico, stanco ma implacabile, ad ogn passaggio sotto il gabbiotto del custode. Una quotidianità acustica placida e immutabile quella dell’Autorimessa Pincio di Viale Indipendenza, su cui grava anche solo ad un ascolto superficiale il magnetico diabolico richiamo di presenze estranee. Un battito secco, martellante, ossessivo: instancabile. Cattura come calamita, trascina oltre gli stalli per la sosta; verso l’imbocco di quello che fu rifugio antiaereo, tubo nero sotto la pelle della città. I muri sono rimasti pregni di terrore, trasudano l’aroma dolce acido dell’adrenalina pianta a fiumi mentre su Bologna imperversavano, settant’anni fa, i bombardieri alleati; si imbocca il sentiero d’accesso, una curva a gomito sulla sinistra ed è solo oscurità. Mentre il ticchettio si fa più forte, attira come un ingordo mangiatore di uomini; cattura un passo alla volta, aumentando di intensità, gridando monodico. Fino allo svelamento, all’apparizione. È una maschera in bronzo figlia della commedia greca, volto grottesco e sornione del Pappasileno, satiro molesto e violento, sprezzante e volgare; nella cavità della bocca, deformata in un sorriso che sputa derisione il tic-tac maligno di un congegno meccanico, l’andirivieni di una molla che risuona assordante sfruttando la cassa di risonanza del tunnel. E altrettanto succede per gli occhi, con le pupille a ribattere – e risuonare – come in preda a una convulsa possessione dionisiaca. Voleva incutere paura Romeo Castellucci, che prosegue la sua parentesi di lavoro a Bologna con Persona, installazione sonorizzata da Scott Gibbson, che nei giorni di Arte Fiera prosegue il periodo di presenza in città aperto con la regia del Parsifal. E c’è riuscito. Facendo leva su tutti i sublimi trucchi di chi fa dell’emozione il proprio mestiere, trasformando quella maschera orribile in uno specchio, feroce e impietoso. Perché non è l’immagine a risultare deformata, ma la realtà che viene riflessa, nella stordente confusione di uno sguardo troppo veloce per vedere davvero ed una voce troppo incalzante per dire qualcosa. Nel gioco etimologico che rimanda alla confusione tra l’italiano e il latino, là dove lo stesso termine “persona” indicava la maschera. E non l’uomo.
– Francesco Sala
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