C’è un po’ d’arte anche al Sundance Festival: con il nuovo patinatissimo thriller di Anton Corbijn e l’ennesimo docu-film (questa volta in 3D) su Marina Abramović. Ma a stupire è il corto animato con cui Drew Christie parla di plagio
É da sempre il festival degli outsider, dei visionari, di chi è troppo avanti – troppo oltre – per trovare gli immediati riscontri da parte del patinato mondo di Hollywood. A cui arriverà, come nel caso di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, proprio passando dall’anticamera di Park City. Si rinnova l’appuntamento con il Sundance, la […]
É da sempre il festival degli outsider, dei visionari, di chi è troppo avanti – troppo oltre – per trovare gli immediati riscontri da parte del patinato mondo di Hollywood. A cui arriverà, come nel caso di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, proprio passando dall’anticamera di Park City. Si rinnova l’appuntamento con il Sundance, la creatura off nata nel 1978 su iniziativa di Robert Redford. Passata dalla condizione quasi purgatoriale di salon de refusés del cinema mondiale a vetrina per i talenti di domani, non necessariamente costretti e condannati a bazzicare nel sottobosco e nell’underground. Un’edizione al solito ricca di spunti quella in corso in questi giorni (la proclamazione dei vincitori è prevista sabato 25 gennaio): non fosse altro che per l’atteso esordio alla regia di Nick Cave, che dopo i cameo per Wim Wenders ed Andrew Dominik passa dall’altra parte della telecamera per dirigere 20.000 Days On Earth. La rockstar australiana è tra i più attesi, almeno dai cacciatori di autografi. Sguinzagliati in attesa delle comparse delle star Keira Knightley e Sam Rockwell, insieme nel noir Laggies; e Michael Fassbender protagonista di Frank di Lenny Abrahamson. L’arte non sembra essere particolarmente di casa nelle lande desolate dello Utah, ma non mancano pellicole d’artista o omaggi ai soliti grandi nomi del contemporaneo. O meglio: al solito grande nome. Ovviamente quello di Marina Abramović, questa volta proposta addirittura in 3D. La firma è quella di Matthu Placek, già a fianco di Julian Schnabel, per un corto – A portrait of Marina Abramović – che indugia sugli aspetti più sciamanici di una figura quasi evocata, presenza eterea e sfuggente. Di tutt’altro genere è un altro cortometraggio, questa volta ironico e divertito. Ma non per questo leggero e superficiale, anzi: Allergy to Originality è il film animato con cui Drew Christie, illustratore per l’Huffington Post e il New York Times, passa in rassegna la storia dell’arte indagando i cortocircuiti tra ispirazione, adattamento, omaggio e plagio spudorato. In un caleidoscopio di immagini che seducono con la forza della loro semplicità.
Produzione roboante invece per la terza prova di Anton Corbijn come regista per il grande schermo. Il fotografo dei rocker si cimenta con la trasposizione per il grande schermo di un best-seller di John LeCarré: spie comuniste, intrighi, menzogne e sparatorie si intrecciano nel plot di A most wanted man. Interpretato dalla fresca vincitrice del Golden Globe Robin Wright, da Philip Seymour Hoffman e da Willem Dafoe.
– Francesco Sala
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