Il più grande programma di arte pubblica in India? È in aeroporto. Ecco le prime spettacolari immagini del nuovo International Airport di Mumbai: con 3 chilometri di sistema espositivo di wall-art
Se vi chiedessero di individuare un animale cui associare l’India, il pavone probabilmente non comparirebbe tra le primissime specie che nominereste. Eppure, con il nuovo Chattrapati Shivaji International Airport di Mumbai, appena inaugurato dal primo ministro (uscente) Manmohan Singh e ispirato proprio al variopinto uccello originario del subcontinente, i più comuni luoghi comuni (e non […]
Se vi chiedessero di individuare un animale cui associare l’India, il pavone probabilmente non comparirebbe tra le primissime specie che nominereste. Eppure, con il nuovo Chattrapati Shivaji International Airport di Mumbai, appena inaugurato dal primo ministro (uscente) Manmohan Singh e ispirato proprio al variopinto uccello originario del subcontinente, i più comuni luoghi comuni (e non solo quelli legati alla zoologia) potrebbero essere destinati a qualche rettifica. Dopo quattro anni di lavori, il secondo paese più popoloso al mondo si dota di una grande infrastruttura, attraverso la quale scommette di diffondere una nuova immagine di sé e della sua macchina organizzativa, forse più facilmente accostabile al passo lento e un po’ sgraziato dell’elefante. L’intervento, il cui costo complessivo è stimato intorno ai due miliardi di dollari, ha riguardato uno dei principali scali del paese, il preesistente aeroporto di Mumbai, nello stato centro-settentrionale di Maharashtra. La presa di distanza dalla precedente condizione di degrado e squallore è netta e accompagnata da un intento preciso: per ridefinire volumi e spazi interni, il progetto del Chattrapati Shivaji Airport ha infatti attinto all’universo sterminato dei simboli e della cultura locale, con un’attenzione del tutto inedita verso l’arte e l’artigianato.
Nei nuovi ambienti, a trionfare deve essere l’identità indiana, resa attraverso ripetuti riferimenti alla natura e al paesaggio, senza dimenticare i recenti trionfi del paese, come il fenomeno Bollywood. Si spiegano così la presenza di centinaia di lampadari ispirati al fiore di loto distribuiti negli spazi destinati ai servizi per i passeggeri, le finiture scelte per i pavimenti, la presenza di giardini interni, il soffitto della zona commerciale legato all’arte popolare dell’India del Rangoli e il poetico richiamo alle evoluzioni del pavone bianco, uccello nazionale ed emblema di grazia, che dovrebbero essere richiamate alla memoria dal passaggio della luce solare attraverso i lucernari in copertura. Ma non finisce qui. Al nuovo aeroporto, alla cui realizzazione hanno preso parte la GVK, colosso indiano attivo in svariati campi, dai trasporti all’energia, solo per citarne due, e l’Airports Authority of India, uniti per l’occasione nella joint venture MIAL – Mumbai International Airport Pvt. Ltd., spetta anche un altro compito. Il più grande programma di arte pubblica dell’India, lo “Jaya He”, sarà infatti ospitato all’interno del nuovo terminal dell’aeroporto, opportunamente provvisto di un sistema espositivo di wall-art esteso per tre chilometri, nel quale confluiranno oltre 7mila manufatti artistici e opere d’arte provenienti dallo stato di Maharashtra e dal resto dell’Unione Indiana.
Le domande aperte di fronte ad un intervento del genere non sono poche. È lecito chiedersi, tra gli altri interrogativi, se quest’opera potrà segnare un’inversione di tendenza nell’aspetto complessivo delle infrastrutture nazionali, segnando l’avvio di una serie di azioni o se sia destinata all’etichetta di “operazione di facciata”, a ridosso dell’atteso appuntamento elettorale del 2014. E ancora, quanto potrà incidere un investimento di questa portata, sul destino della popolazione indiana che nonostante la crescita economica resta ancorata a questioni urgenti quali malnutrizione e povertà, come non può che ricordare la baraccopoli nei pressi dell’aeroporto?
– Valentina Silvestrini
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