Italia ingrata o distratta? Milano si dimentica del benefattore che donò a Brera la Fiumana di Giuseppe Pellizza Da Volpedo. “Non avevo comprato un quadro, ma un’idea: doveva essere a disposizione di tutti”
Storia prima felice, poi dolentissima e funesta. È il titolo di un famoso romanzo di Pietro Citati, ma si presta, con la dovuta contestualizzazione, a descrivere questa vicenda. Storia felice: è il 1986, e un riservato signore milanese, Angelo Abbondio, acquista a un’asta Finarte il famoso dipinto Fiumana di Giuseppe Pellizza Da Volpedo. Non si […]
Storia prima felice, poi dolentissima e funesta. È il titolo di un famoso romanzo di Pietro Citati, ma si presta, con la dovuta contestualizzazione, a descrivere questa vicenda. Storia felice: è il 1986, e un riservato signore milanese, Angelo Abbondio, acquista a un’asta Finarte il famoso dipinto Fiumana di Giuseppe Pellizza Da Volpedo. Non si conoscono i dettagli, ma si sa che in quel momento rappresenta il record di prezzo per un’opera italiana in asta. Lui, dopo un tormentato periodo di riflessione, decide di donarla alla Pinacoteca di Brera.
Storia dolentissima e funesta: siamo nel 2013, al Museo del Novecento, sempre a Milano, si celebra con una mostra il ricongiungimento de Il Quarto Stato – sempre Pellizza da Volpedo – con l’opera più affine del grande artista, proprio la Fiumana. E il munifico benefattore non viene neanche invitato alla mostra, e del suo gesto non si fa minimamente menzione nel catalogo pubblicato per l’occasione. E dire che la curatrice dell’attuale mostra, Aurora Scotti, ha lo stesso nome – ma magari si tratta di omonimia? – della Aurora Scotti che curò un piccolo catalogo realizzato in occasione della donazione a Brera.
Storie di noncuranza, magari di involontaria ignoranza dei fatti, avvenuti quasi 30 anni prima. Ma anche storie di bei gesti, compiuti di getto, per un percepito dovere morale. “Si era reso conto infatti che non aveva comprato un semplice quadro, ma un’idea”, racconta oggi Giampaolo Abbondio, il titolare della milanese galleria Pack, figlio del collezionista. “Cominciò una caccia per scoprire chi fosse stato il misterioso acquirente: da parte di Craxi vennero dirette richieste perché venisse donato al PSI. Mio padre prese mia madre e andarono via per una settimana per chiarirsi le idee sul da farsi: al ritorno chiese a noi, la famiglia, se eravamo d’accordo con la sua decisione di donarlo a Brera, perché, parole sue, non poteva essere un fatto privato, ma doveva essere a disposizione di tutti”.
Lo rifarebbe, il signor Abbondio, malgrado l’offesa avuta dall’effimera Milano di oggi. Lo rifarebbe, e avrebbe la riconoscenza silenziosa che gli tributano oggi tutti quelli che vanno a vedere la “sua” Fiumana, a Brera o al Museo del Novecento che stia.
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