Punta a crescere del 19% il mercato dell’arte online: ultima tappa delle Conversazioni sul Collezionismo ai Frigoriferi Milanesi, con l’analisi delle esperienze italiane e straniere. Per una fetta che può valere oltre due miliardi di dollari
Le previsioni dicono che entro il 2017 crescerà del 19%, aumentando sensibilmente un giro d’affari che oggi si attesta sui 900 milioni di dollari. E si tratta di stime conservative, caute, basate esclusivamente sull’analisi del sistema americano. Al momento il più evoluto e maturo quando si parla di mercato dell’arte online, oggetto dell’ultimo appuntamento con […]
Le previsioni dicono che entro il 2017 crescerà del 19%, aumentando sensibilmente un giro d’affari che oggi si attesta sui 900 milioni di dollari. E si tratta di stime conservative, caute, basate esclusivamente sull’analisi del sistema americano. Al momento il più evoluto e maturo quando si parla di mercato dell’arte online, oggetto dell’ultimo appuntamento con le Conversazioni sul Collezionismo organizzate da Open Care e NABA ai Frigoriferi Milanesi. Parte da un dato puro e inappellabile l’analisi di Maria Adelaide Marchesoni, firma di ArtEconomy24: una recente indagine promossa da Hiscox e Artactic riporta come la quantità di acquirenti che si muove spinta dall’immagine sia prossima al 90%. C’è chi specula insomma, chi bada alla firma prima che alla qualità o all’affinità elettiva con l’opera, ma anche tra questi a prevalere è – in ultima istanza – il lato edonistico, la soddisfazione di impossessarsi di qualcosa che piace. E considerato che siamo immersi nel 2.0 va da sé che la esorbitante disponibilità di immagini reperibili attraverso la rete apra scenari difficilmente inquadrabili, potenzialmente infiniti.
Siamo alla democratizzazione spinta, all’insondabile più disinvolto e dunque affascinante. Perché sul web arriva chiunque, sbaragliando il campo da ogni possibile pregiudizio in merito al volto del collezionista tipo. Giovane? Certo, ma a comprare online sono anche molti over fifty. Attenti a non spendere troppo? Se consideriamo che un quinto del mercato digitale copre pezzi che costano oltre i 50mila dollari capiamo come in realtà il prezzo non sia un discrimine determinante.
A cambiare è dunque, un pezzo alla volta, un sistema che impone agli attori in campo di adeguarsi. All’estero si fa, in modo lento e prudente. Ma si fa. Trovi così che il 10% delle gallerie dichiara già ora di vendere online, che le grandi case d’asta – Sotheby’s e Christie’s – hanno cominciato a vincere le proprie diffidenze e cominciano a implementare le esperienze di aste online. Diversa la situazione in Italia, dove il frammento di mercato è talmente irrisorio da non offrire dati comparabili alle esperienze estere; e dove sembra utopistico pensare agli investimenti – 13milioni di dollari – che hanno portato alla nascita di artsy.net. Cose di un altro mondo, nel quale sarebbe opportuno provare a entrare.
– Francesco Sala
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