Qual è il futuro di una ricca biblioteca d’arte? La giornalista ed esperta di mercato Laura Tansini cede la sua “al miglior offerente”. Ma non gratis. Ecco la storia e le foto

Oltre 4mila titoli relativi alla storia dell’arte moderna e contemporanea, circa 1.500 per arte antica e Ottocento. Un ingombro di qualcosa come 50 metri lineari, o anche 10 librerie di un metro ciascuna, per 5/6 ripiani. Questo è il “patrimonio” – un aspetto del patrimonio – di un critico ed esperto d’arte al culmine della […]

Oltre 4mila titoli relativi alla storia dell’arte moderna e contemporanea, circa 1.500 per arte antica e Ottocento. Un ingombro di qualcosa come 50 metri lineari, o anche 10 librerie di un metro ciascuna, per 5/6 ripiani. Questo è il “patrimonio” – un aspetto del patrimonio – di un critico ed esperto d’arte al culmine della sua carriera. Una mole di documenti – cataloghi, monografie, saggi – che a un bel momento stimolano immancabilmente la domanda: che farne? La prima risposta – peraltro la più praticata, in casi simili – prevede la donazione ad un museo, biblioteca o centro di documentazione.
È Laura Tansini che si pone questo interrogativo riguardo alla sua biblioteca, una questione di natura pratica, oltre che etica, che oltre al rispetto per la conoscenza e i suoi mezzi, contempla il desiderio di condividerli. Lei ha raccolto tanto materiale – molto più, in realtà – in oltre cinquant’anni di impegno sui massimi livelli nel campo dell’arte, fra editoria e mercato: dal lavoro con editori come Feltrinelli e Alberto Mondadori, ai ruoli anche apicali ricoperti in case d’asta come Finarte o Christie’s Italia, fino all’impegno giornalistico che ne ha fatto per oltre vent’anni uno dei massimi esperti in Italia e non solo di mercato dell’arte, con all’attivo pubblicazioni seguite a incontri con i maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, da Alechinsky a Venet, passando per Anthony Caro, Jeanne-Claude  e Christo, Chuck Close, Gilbert e George, Alex Katz, gli Oldenburg, Jeff Koons, Julian Schnabel, Richard Serra, Steinbach, Hiroshi Sugimoto e molti altri. E con collaborazioni con testate come Il Giornale dell’Arte, Il Sole 24 Ore, Repubblica, La Stampa e riviste americane con le quali continua a pubblicare.

Laura Tansini

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Ma le biblioteche donate, quando accettate, verranno catalogate e messe a disposizione di un pubblico potenzialmente interessato in tempi ragionevoli? “La mia risposta sposa la filosofia Von Hirsch“, chiarisce Tansini, che – tiene a precisare – non è mossa da vanità di lasciare tracce. ”Chi comprerà avrà cura di ciò che compra, a prescindere da quanto paga. Come il barone von Hirsch negli anni 70 – lui con le sue collezioni d’arte -, vorrei vendere i libri ed i documenti ‘al miglior offerente’, quindi senza un particolare interesse all’ammontare dell’offerta. Tengo a questo materiale e alla sua diffusione, e desidero che chi ne entrerà in possesso lo valorizzi al meglio: se lo ha pagato, forse lo farà, non importa se il valore è 5, 50, 500, 5.000 o 5 milioni”. Chi ha in mente, come interlocutore? “I librai antiquari, personaggi con la passione dei libri che, ciascuno per la parte di sua competenza, rileveranno la biblioteca, offrendo a ciascun titolo una nuova vita, ben venga anche la bancarella, da dove provengono i vecchi cataloghi di Quadriennali e Biennali (il primo è del 1928…)”.
Un tema aperto, anche per un pressochè totale deserto normativo: ma anche una scommessa culturale. La biblioteca Tansini, infatti, data la specializzazione della titolare, rappresenta un corpus difficilmente eguagliabile proprio in materia di mercato dell’arte. “Ho ricevuto e conservato tutti i cataloghi delle maggiori aste non solo italiane ma di New York e Londra, ho tutti i cataloghi Meyer dal 1981 al 2005, anno di cessazione; e poi le pubblicazioni di fine anno di Finarte, Christie’s e Sotheby’s – dalle quali ci si faceva una idea molto reale dei settori più richiesti e quindi del cambiamento di gusto e di luogo geografico dei compratori e si potevano fare delle riflessioni -, i cataloghi delle Fiere di Berlino, Chicago, Basilea, Fiac Basilea Miami dagli anni 80, nonché le fiere italiane fino a tempi recenti. Un unicum, una peculiarità, un nucleo che in questo caso non dovrebbe essere smembrato e finire sul mercato ma continuare a vivere come è, anzi essere tenuto aggiornato”.

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Redazione

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