Tre micro-murales di David Tremlett a Milano: fotogallery e intervista video all’artista inglese, all’opera nel noodle bar Zazà Ramen. Da poco aperto in una via Solferino dove si fa sempre più marcato il binomio tra arte e cibo
Quando senti di un artista al lavoro in un ristorante finisci sempre, fatalmente, a pensare al povero Rothko. E al povero Mies van der Rohe: che commissiona dieci tele per il Four Seasons di new York, assiste per un anno al procedere dei lavori e poi – a opere terminate – le vede prendere la […]
Quando senti di un artista al lavoro in un ristorante finisci sempre, fatalmente, a pensare al povero Rothko. E al povero Mies van der Rohe: che commissiona dieci tele per il Four Seasons di new York, assiste per un anno al procedere dei lavori e poi – a opere terminate – le vede prendere la strada di Londra. Donate alla Tate perché, alla fine, di usare la propria arte come scenografia per pranzi e cene a Rothko non andava giù. Processo inverso quello che accade a Milano: dove è un artista – in questo caso David Tremlett – a proporsi come interprete per gli spazi di un ristorante, senza bisogno di ricevere richieste o commissioni. Capita in una delle sale di Zazà Ramen, noodle bar di fresca apertura in via Solferino. Luogo dove l’arte, prima o poi, era destino che entrasse.
Perché in cabina di regia troviamo Brendan Becht, olandese per passaporto ma autentico cittadino del mondo; figlio di raffinatissimi collezionisti d’arte fulminato sulla via della cucina, cresciuto professionalmente tra Londra e Parigi. Infine, oltre vent’anni fa, fermatosi a Milano: alla scuola di un Gualtiero Marchesi che lo introduce all’allora Studio Marconi. Dove nascono interessi, contatti, amicizie e nuove – in fondo antiche – golosità. Come dimostra il Tobias Rehberger che fa bella mostra di sé all’ingresso del locale.
Con discrezione. Perché il ristorante non vuole legarsi in maniera troppo marcata all’arte contemporanea: mantenendo una identità che non risenta dell’ombra del modello di un vicino in questo senso “ingombrante” come Pisacco, dove invece il rapporto tra le due sfere è determinante nell’identificare il mood del locale.
Nasce così in modo quasi casuale, naturalmente con le gambe sotto il tavolo, il progetto di Tremlett. Amico di vecchia data in città per una visita di cortesia e una buona cena: convinto che sì, a questo luogo manchi qualcosa. Tre piccoli segni, garbati, in altrettante nicchie nella sala sotterranea. Tocco di bellezza fugace ed elegante, non invasiva.
– Francesco Sala
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