Vittorio Sgarbi in corsa per il Pecci? La conferma c’è. Con tanto di polemica: non abbiate pregiudizi. Il contemporaneo lo faccio, ma a modo mio. E intanto ecco gli altri concorrenti…

L’avevamo dato come puro rumors, qualche giorno fa: Vittorio Sgarbi tra i papabili per la direzione del nuovo Pecci di Prato. Notizia che non mancò di destare qualche dubbio: ferratissimo nella storia dell’arte italiana tra ‘400 e ‘600, Sgarbi non risponde esattamente al modello del perfetto direttore di un Centro per l’Arte Contemporanea. Non è la prima […]

L’avevamo dato come puro rumors, qualche giorno fa: Vittorio Sgarbi tra i papabili per la direzione del nuovo Pecci di Prato. Notizia che non mancò di destare qualche dubbio: ferratissimo nella storia dell’arte italiana tra ‘400 e ‘600, Sgarbi non risponde esattamente al modello del perfetto direttore di un Centro per l’Arte Contemporanea. Non è la prima figura che ti immagini in quel ruolo, ecco. Non certo in senso dispregiativo, ma giusto come lettura di uno specifico profilo professionale.
Ed ecco, puntuale, la replica inviataci. “Circolano, come sempre, menzogne, anche sgradevoli, rispetto a una realtà documentabile, che si palleggiano fra giornali e web. Nessuna sorpresa. Non ho mai negato qualsiasi interesse per il Pecci. Semplicemente, nessuno mi ha mai proposto di dirigerlo. Quando mi è stato chiesto, ho valutato l’opportunità di partecipare al concorso”. Attacco duro contro commenti astiosi e notizie non gradite, ma la partecipazione al bando c’è, come confermatoci anche telefonicamente.
In mille dichiarazioni”, continua, “al di là delle diverse linee direttoriali, ho sempre dichiarato la straordinaria importanza e il mio interesse per il Museo, di cui ho sottolineato il primato, insieme a Rivoli, tra i musei di arte contemporanea. Nelle emeroteche è facile verificarlo, al di là delle critiche alle singole mostre”. Insomma, non è che si sia svegliato ora, improvvisandosi aspirante direttore di un centro per l’arte contemporanea, giusto per trovare una collocazione (come qualcuno avrebbe insinuato). L’interessa c’era e c’è ancora, concretizzatosi nella partecipazione ad un concorso pubblico.
Ma quello che proprio non va giù, a Sgarbi, è la diffidenza rispetto a un suo coinvolgimento in uno spazio votato al contemporaneo. E lo dice con fermezza:  “Siccome il contemporaneo non è univoco né prestabilito, trovo incomprensibile  la «sorpresa» di chi mi vede su «sponde decisamente lontane da quelle immaginabili al Pecci».  E’ questa la vera «malattia», considerato che io sono allievo di Francesco Arcangeli, illustre storico dell’arte che, come Roberto Longhi (che si muoveva tra Cimabue e Morandi) riteneva che l’arte sia una sola, e che tutta l’arte sia contemporanea. Sull’argomento ho scritto un libro, «L’arte è contemporanea» e, con principi assolutamente autonomi, ho curato il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011”. E aggiunge, citando ancora il nostro articolo: “Non c’è un destino né scritto né prescritto per il Museo Pecci, e sembra una forma di pregiudizio leggere che «…è difficile immaginare il Vittorio nazionale alla testa di un’istituzione spinta sulla sperimentazione e sulla ricerca, che comunque hanno spesso caratterizzato il museo toscano»”.

Il Centro Pecci di Prato

Il Centro Pecci di Prato

In effetti, la sua visione dell’arte è sempre stata chiara e palesata in ogni dove: dalla celebre frase “tutta l’arte è stata contemporanea” alla versione sgarbiana riveduta e corretta, “tutta l’arte è contemporanea”. Senza distinzioni temporali, stilistiche, di sensibilità, di approccio. Dunque, non solo un artista del passato può essere  considerato attuale,  ma qualunque artista che produca oggi, a suo modo, sta leggendo l’attualità. Senza che l’accordo con uno spirito del tempo (vero o presunto) e la sintonia con il gusto e le attitudini diffusi, siano utili a stabilirne il valore. Posizione estrema e singolare, che la succitata Biennale del 2011, con il chiacchieratissimo Padiglione Italia a firma Sgarbi, incarnò fino all’esasperazione.
A effetto, l’ironica chiosa: “Se qualcuno è considerato «in linea», io non sono «in linea». Qualcuno può pensare, a proposito dell’arte contemporanea, che Bacon fosse «in linea»? Aggiungo che, se qualcuno non mi ritenesse «in linea», non avrei, con un presunto dogma del museo Pecci, alcuna difficoltà a ritirarmi.  Ci sono molti «in linea», sia culturale che politica”.
Provocatori si nasce, eccentrici pure. E al netto delle contestazioni più volte mosse a quel suo padiglione – che a nostro avviso trasformò in un pasticcio raffazzonato una posizione critica importante nei confronti del sistema, sostituendo il professionismo di maniera con un caotico livellamento al ribasso – la coerenza di Vittorio Sbarbi resta granitica.
Quanto al Pecci, chissà. Dovrà vedersela con colleghi più o meno “in linea”, come – stando alle notizie, non ufficiali, che abbiamo intercettato – Andrea Bruciati, Frank BohemMarco Meneguzzo, Ludovico Pratesi,  Raffaele Gavarro, Aberto Salvadori, Fabio Cavallucci, Silvia Lucchesi, Davide Ferri, Arabella Natalini, Valerio Dehò, Marco SenaldiLorenzo Bruni. È esclusa invece la ricandidatura del direttore uscente, Marco Bazzini: categorica la smentita. Sono 38 in tutto i contendenti, che una commissione – composta da  Pieluigi Sacco, Patrizia Asproni, Fabio Gori – valuterà fino a raggiungere una short list. A scegliere sarà poi il Cda del Pecci, entro il 30 gennaio 2014.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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