Gombloddo! La storia del finto buco dell’artista Eron, stuccato per ‘errore’ al museo Mar di Ravenna, diventa oggetto della pantomima mediatica. Con effetto virale
Storie di ingenuità mediatica, tra stampa generalista (ma non solo) e arte contemporanea. Roba per farsi due risate in leggerezza. Succede infatti che autorevoli testate come La Repubblica, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, TGcom, oltre a una discreta quantità di blog e portali, abbiano per tre giorni martellato il web con una non-notizia, scambiata per […]
Storie di ingenuità mediatica, tra stampa generalista (ma non solo) e arte contemporanea. Roba per farsi due risate in leggerezza. Succede infatti che autorevoli testate come La Repubblica, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, TGcom, oltre a una discreta quantità di blog e portali, abbiano per tre giorni martellato il web con una non-notizia, scambiata per interessante vicenda artistica. Ci riferiamo all’installazione di Eron, noto street artist emiliano, ospite della rassegna Critica in Arte, al Mar di Ravenna: uno specchio in frantumi, posizionato a terra come se fosse caduto, con l’alone della sagoma abilmente riprodotto sul muro. Un innesto tra realtà e finzione, che restituiva consistenza a una traccia impossibile ed effimera. Per rendere più credibile il tutto, Eron aveva disegnato anche un buchetto in cima all’alone dello specchio, talmente realistico da evocare il chiodo franato, rafforzando l’inganno.
Lo scorso 12 gennaio la mostra è stata smontata e il museo ha avviato i lavori di disallestimento, in previsione della’esposizione successiva, “L’incanto dell’affresco”.
Ed ecco che avviene il “fattaccio”, diffuso come scoop dalla stampa italiana: un muratore, guardando distrattamente, passa dello stucco sul buco credendolo vero, poi ridipinge la parete. E allora? E allora ecco i titoloni: “Il buco nel muro è un capolavoro ma il muratore lo stucca”, “L’opera d’arte è un buco nel muro, ma un operaio lo stucca”, e così via, senza troppa fantasia, con toni tra il comico e l’allarmato. Perfetti per fomentare le solite valanghe di commenti sui social network, per lo più durissimi nei confronti dell’artista: “Un buco vicino al muro è la morte dell’arte rappresentata dall’incapacità totale degli artisti contemporanei!, “ le solite minchiate moderne!!!”, “capolavoro… allora casa mia in campagna è una “galleria d’arte”?, “Ora un buco in un parete è un capolavoro però in Italia tolgono l’ora di Storia dell’arte dalle scuole!!! Ma che paese è???, “Li conosco bene i sostenitori del’arte concettuale! tutti professori fasulli che usano una menzogna per mettersi al di sopra dell’uomo medio!”. Insomma, gli indignados della rete non perdonano: l’arte è un’altra cosa, che diamine!
Ora, si sarà pure ingannato l’uomo armato di spatola – fatto simpatico, quanto del tutto irrilevante – ma da qui a parlare di leso capolavoro ce ne corre. Il buchetto altro non era che un minuscolo dettaglio di un’installazione temporanea, destinata a essere rimossa: “La parete sulla quale ho disegnato il finto buco doveva comunque essere riverniciata”, ha spiegato Eron, sdrammatizzando. “Ci sarei rimasto peggio se l’operaio si fosse accorto che era un buco finto!“. Dunque, specchio portato via e wall painting cancellato. Stucco o non stucco, il buco doveva sparire.
La rivista Inside Art, addirittura, ha scomodato un illustre maestro del Novecento, enfatizzando i toni: “La vicenda ha dell’incredibile e la conclusione ci riporta indietro ai tempi in cui il Grande vetro di Duchamp subì danni considerevoli durante un trasporto e l’artista decise di integrare le conseguenze dell’incidente nell’opera”. Paragone appena appena azzardato. Dall’iconico Vetro, risignificato dalle casuali fratture, all’effimero puntino privo di reale valore.
L’unica cosa davvero “incredibile”, qui, è la rete: luogo in cui il nulla si trasforma in caso mediatico e la febbre dei commenti cresce, in maniera esponenziale. L’importante è scagliarsi contro qualcuno, qualcosa. Che sia la ‘kasta’, l’arte concettuale, gli zingari, il Bilderberg o le scie chimiche, poco importa. O è scandalo o è complotto. Anzi, “gombloddo”!
– Helga Marsala
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