Terminata con successo la maratona della fashion week milanese. Ancora qualche flash dal meglio delle passerelle: il classico di Armani, il casual creativo di Missoni, l’etno bon ton di Stella Jean
Un’ultima selezione dall’appena conclusa fashion week milanese. Successo di numeri e di consensi, a confermare un primato che rincuora e fa sperare per le economie nazionali ed il prestigio globale. Ecco qualche flash dalle passerelle, scoprendo come sarà la donna del prossimo inverno, per alcuni tra i migliori marchi del Made in Italy. Stile ineccepibile e […]
Un’ultima selezione dall’appena conclusa fashion week milanese. Successo di numeri e di consensi, a confermare un primato che rincuora e fa sperare per le economie nazionali ed il prestigio globale. Ecco qualche flash dalle passerelle, scoprendo come sarà la donna del prossimo inverno, per alcuni tra i migliori marchi del Made in Italy.
Stile ineccepibile e inconfondibile quello di Missoni. Che regala una sfilata semplice, senza sfarzi né scenografie stellari, in cui la vera calamita sono gli abiti. Semplici anche quelli, nonostante il carattere deciso.
Angela Missioni racconta una maniera d’essere casual che convive con la ricercatezza vera. Comfort, comodità, tepore: quando la normalità si fa eccellenza. Pantaloni larghi e corti con tasconi, soprabiti ampi e sciallati, gilet, abitini stretch portati come maxipull, scamiciati essenziali, gonne longuette scivolate in vita, fluttuanti o dritte, maglie sottili come una seconda pelle: sempre giocando con lana a coste, felpa, pelliccia sintetica, panno, cachemire rasato. I colori sono quelli dell’autunno, nelle varianti più accese – giallo senape, arancione, terra bruciata, ruggine, panna, grigio, verde bosco, tortora – mentre le fantasie si accordano ai tagli irregolari e si alternano ai monocromi con incastri di riquadri, pattern, fasce orizzontali e linee sghembe.
Sfornando una sfilza di capi come collage dadaisti o grafiche costruttiviste, Missoni sceglie di non osare, di non raccontare storie, di evitare citazioni. E punta tutto sull’efficacia di forme, colori, dettagli, come nella migliore prova d’astrazione.
Sono un po’ le pagine di un diario personale, le collezioni di Stella Jean. Di origini haitiane, ma nata a Roma da padre torinese, Stella fa della sua natura creola la linfa le di una creatività dirompente. Cercando il senso dell’identità nello spazio del molteplice. La sua donna immaginata sarà, ancora una volta, cosmopolita, sincretica, viaggiatrice, sedotta da antiche tradizioni e maestrie artigianali. Sinfonia di colori in pure stilo afro, tra patchwork sgargianti, tonalità a contrasto e fantasie caraibiche accostate con audacia.
Abiti, cappotti e gonne a ruota, enfatizzate da crinoline, sembrano uscire da un’installazione di Ynka Shonibare, senza dimenticare il principio della contaminazione: l’Africa regna sovrana, coi leggeri tessuti batik e i lunghi vestiti a palloncino, mischiandosi però con elementi orientali e occidentali: soprabiti a trapezio un po’ anni Sessanta un po’ geisha-style, pullover a righe, giacconi scozzesi, maglie con stampe folk (dai semi delle carte napoletane ai galli variopinti), abitini bon ton, camicette con fiocco e poi lunghi cappotti-kimono ricamati a mano, per un altro tocco di Giappone. Accordi a contrasto da meastra equilibrista, mixando geometrie asiatiche ed esuberanza tropicale. Gli stivaletti con tacco a spillo vertiginoso si colorano anch’essi con motivi etnici: il dettaglio irresistibile, che racchiude il senso dell’intera collezione.
Tutti i tessuti sono prodotti con telaio a mano dalle donne dei villaggi del Burkina Faso, in collaborazione con l’agenzia dell’Onu International Trade Center. Ethno-ethical fashion.
Giorgio Armani è il classico. Luminoso, assoluto, senza tempo. Uno che può permettersi di non fare clamore, di non spingere troppo sulla sperimentazione, riuscendo comunque a colpire al cuore. L’essenza dell’eleganza tutta italiana porta il suo nome, inciso a chiare lettere.
Grigio, nero bianco. E qualche flash di verde tenue o acido, come un’inedita striatura in un cielo d’autunno. Anche qui dominano linee larghe, comode e scivolate per camicie e pantaloni over, come carezze di impalpabile flanella, mentre le gonne in seta sfiorano il ginocchio. Sobrietà e finezze d’intarsi negli abiti da sera in lurex o paillettes, tagli maschili nei tailleur pantalone e nelle giacche essenziali, reinventati sempre con grazia femminile; perfetti i micro top con le lunghe gonne evanescenti, bellissimi i capospalla neri lavorati a squame, azzeccati i tocchi di nero lucido con effetto vinile, a spezzare l’uniformità di timbri e linee. Outfit ricercatissimo, anche con i boots fibbiati, i mocassini in vernice o i cappelli in feltro. Un rigore che non conosce noia, svelando il dettaglio sorprendente e concentrando tutto il senso dell’essere chic, sempre e comunque.
– Helga Marsala
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