Franco Bernabè al Palazzo delle Esposizioni e Francesco Bonami al Macro senza pagarli il becco di un quattrino. Il geniale Comune di Roma e la cultura

Si aggroviglia sempre di più la matassa della cultura romana all’epoca della Giunta Marino. L’amministrazione sovraintesa dall’allegro chirurgo di Genova si dimostra totalmente disinteressata al mondo della cultura e le conseguenze sono evidenti: Sovrintendenza comunale senza sovrintendente, Macro senza direttore, Palazzo delle Esposizioni senza presidente e così via per dieci altri “tavoli di crisi” sulla […]

Si aggroviglia sempre di più la matassa della cultura romana all’epoca della Giunta Marino. L’amministrazione sovraintesa dall’allegro chirurgo di Genova si dimostra totalmente disinteressata al mondo della cultura e le conseguenze sono evidenti: Sovrintendenza comunale senza sovrintendente, Macro senza direttore, Palazzo delle Esposizioni senza presidente e così via per dieci altri “tavoli di crisi” sulla scrivania dell’assessora Flavia Barca, che per un po’ ha pure provato a ottenere attenzione, ma si è evidentemente scontrata contro l’impermeabilità del Sindaco, del Consiglio e della Giunta alle tematiche culturali. È la prima volta che a Roma si verifica una situazione simile. Le Giunte precedenti infatti, a partire dagli Anni Novanta, hanno compiuto ogni nefandezza possibile e immaginabile (sulla falsariga delle Giunte degli anni Settanta e Ottanta, beninteso), ma mai si erano permesse di trattare con questa sufficienza il settore cultura. Non le Giunte di centro sinistra, quando la cultura era nelle mani del recentemente scomparso Gianni Borgna; non la giunta di Gianni Alemanno quando la cultura era nelle mani di Umberto Croppi (e poi in quelle di Dino Gasperini). Alti e bassi, ovviamente, ma mai un abisso di squallore come quello attuale.
Oggi al Comune di Roma ci possono essere grappoli di dirigenti esterni negli uffici del Gabinetto del sindaco, ma non si trova la quadra per nominare un dirigente esterno al Macro. E così il Museo di Via Nizza, sul quale la città ha investito recentissimamente decine di milioni per realizzare la nuova ala disegnata dall’architetto Odile Decq, non avrà un direttore esterno. Le voci degli ultimi mesi – confermate dal quotidiano La Repubblica di oggi venerdì 21 marzo con un articolo di Carlo Alberto Bucci e non smentite dall’amministrazione – parlano di un Macro che sarebbe preso sotto tutela da Enel, già oggi main sponsor che aumenterebbe il suo stanziamento, con un Francesco Bonami direttore alla lontana e con una figura direzionale interna scelta tra le fila dell’amministrazione (Federica Pirani?). Una soluzione che salva capra e cavoli assegnando al Macro una direzione di prestigio (con tanti saluti al tanto sbandierato bando, ovviamente), ma senza investire nel museo neppure mezza lira visto che Bonami lo pagherà Enel. E non è il problema, che attanaglia alcuni benpensanti nella Capitale, della “svendita ai privati di un museo” (ammesso e non concesso che Enel sia un’azienda privata, e tecnicamente non lo è affatto), si tratta del fatto che questa partecipazione dei privati non arriva per incrementare il lavoro del Macro, ma in sostituzione e in supplenza di una totale ritirata del Comune. Una ritirata inaccettabile. Anche perché è assolutamente falso che la città non abbia soldi, semplicemente non vuole andare a prenderli laddove sono e preferisce, per clientele e tornaconto politico, non sfruttare i suoi asset. Lasciarli in abbandono. Non combattere racket e mafie che succhiano da decenni le risorse economiche di cui la città sarebbe anche ricca. Magari continuare sine die a consentire occupazioni improprie e non fruttuose per il bene comune. Tanto poi si taglia sulla cultura…
E il Palazzo delle Esposizioni? L’azienda comunale Palaexpo che mette insieme, appunto, Palazzo delle Esposizioni, Scuderie del Quirinale e Casa del Jazz è tutt’ora senza presidente. La bella mostra di Frida Kahlo ha visto la partecipazione del Presidente della Repubblica, ma non del presidente dell’istituzione ospitante. Con una strana manovra Ignazio Marino ha incaricato Franco Bernabè (curioso, visto che è il presidente anche del Mart, ma magari, come abbiamo notato in passato, questa cosa potrebbe generare anche sinergie volendola guardare dal lato positivo); Franco Bernabè si è preso alcuni giorni per decidere, questi giorni sono abbondantemente trascorsi e nulla si è più saputo. Pare che Bernabè abbia chiesto garanzie su stanziamenti e bilanci almeno su un’ottica a tre anni, garanzie che il Comune di Roma non vuole e non può dare perché, come abbiamo spiegato, non si investe in cultura, non si recuperano risorse per far funzionare la città con i crismi di una città europea. Secondo le già citate anticipazioni di Repubblica anche Bernabè si sarebbe tuttavia quasi convinto. Ma come ha fatto il Comune di Roma ad accaparrarsi la collaborazione di cotanto manager? Semplice: non lo paga. Perché secondo una strana norma approvata ai tempi del governo Monti, i presidenti delle Fondazioni pubbliche non devono ricevere compenso…
Resta il fatto che da 10 mesi Roma si è dotata di una nuova amministrazione e da 10 mesi i principali musei della città sono senza guida. Una vergogna internazionale complicatissima da nascondere e da sanare nello sfidante scenario delle istituzioni culturali globali.

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