“L’arte? Mi ha arricchito… impoverendomi!”. Parole di Franco Toselli, protagonista dell’intervista ai grandi galleristi italiani su Artribune Magazine 18
“C’era il fatto che Milano poteva essere pensata, all’inizio, come un luogo di lavoro. Pensiero che è stato stravolto da quello dell’arte, che è entrata a gamba tesa nella mia vita; un vero sgambetto che ho fatto un po’ a tutti. Anche a me stesso, perché possiamo dire che l’arte mi abbia arricchito… impoverendomi!”. Questo […]
“C’era il fatto che Milano poteva essere pensata, all’inizio, come un luogo di lavoro. Pensiero che è stato stravolto da quello dell’arte, che è entrata a gamba tesa nella mia vita; un vero sgambetto che ho fatto un po’ a tutti. Anche a me stesso, perché possiamo dire che l’arte mi abbia arricchito… impoverendomi!”. Questo risponde, Franco Toselli, alla domanda sul perché abbia scelto Milano: lo fa rispondendo alle domande di Artribune Magazine, che ha scelto lui per il nuovo step del ciclo dedicato ai galleristi italiani che hanno fatto la storia nel secondo dopoguerra.
La galleria si avvicina a compiere mezzo secolo, fra via Melzo, Porta Venezia, l’Isola, fino all’Arco della Pace. A Milano arrivava dalla Francia, terra natia della madre, portando in dote Sonia Delaunay. E poi, dopo aver lavorato con i Fabro e i Boetti, ha scoperto l’America: sue le prime italiane di John Baldessari e Maria Nordman. Che Milano era quella di fine Anni Sessanta? “Era una Milano, per me che arrivavo dalla Francia, tutta da scoprire. I riferimenti erano alcune figure che identificano questa città in modo molto forte: sono subito andato da Giò Ponti, la mia prima mostra è stata con lui. A Milano c’era il mondo dell’architettura e quello del design, io stavo vicino a Sottsass, con cui avevo contatti quasi quotidiani…”. I primi passi come gallerista? Da qui il racconto prosegue sulle colonne del magazine: lo trovate a brevissimo in distribuzione…
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