Raggiunto un accordo per il caso Richard Prince VS Patrick Cariou. Anni di traversie in tribunale, dibattendo sulla legittimità dell’uso creativo di immagini coperte da diritti. Le opere di Prince sono salve
Prince contro Cariou: un caso che ha suscitato l’attenzione dell’art system internazionale, ponendo alcuni interrogativi chiave rispetto alle pratiche e le modalità di produzione, tipiche del contemporaneo: l’arte del remix, del cut up, del collage, del detournement situazionista e della ricombinazione iconografica, sono ormai una parte essenziale, definitiva, persino scontata, del vocabolario artistico attuale. Un […]
Prince contro Cariou: un caso che ha suscitato l’attenzione dell’art system internazionale, ponendo alcuni interrogativi chiave rispetto alle pratiche e le modalità di produzione, tipiche del contemporaneo: l’arte del remix, del cut up, del collage, del detournement situazionista e della ricombinazione iconografica, sono ormai una parte essenziale, definitiva, persino scontata, del vocabolario artistico attuale. Un processo iniziato con le avanguardie del secolo scorso e divenuto oggi – nell’era della proliferazione digitale – un fatto assolutamente comune. Immagini accessibili sempre, ovunque, per tutti.
E però c’è la questione dei diritti che incombe, non solo per le operazioni a sfondo commerciali, ma anche per quelle di natura squisitamente intellettuale. Come nel caso, per l’appunto, che ha visto Richard Prince, tra gli artisti più apprezzati (e pagati) della scena internazionale, scontrarsi con il fotografo Patrick Cariou, arrabbiatosi moltissimo un po’ di tempo fa, per via di un’appropriazione indebita compiuta a suo discapito: Prince aveva infatti utilizzato alcune sue foto che immortalavano dei rastafariani, come immagini base per una serie di lavori venduti per qualche milione di dollari. Scatti trovati, trasfigurati e riutilizzati, in un lavoro completamente nuovo. Senza chiedere il permesso. E per Cariou la violazione delle leggi del copyright c’era tutta.
Dopo che nel 2011 il tribunale federale aveva giudicato illegale l’utilizzo delle fotografie da parte di Prince, la Corte d’Appello degli Stati Uniti nel 2013 si era pronunciata in larga parte in favore dell’artista, il cui lavoro è noto proprio per il riuso di immagini pubblicitarie o commerciali, rielaborate pittoricamente: la legge consentirebbe in certi casi una deroga alle consuete restrizioni del copyright, purché di mezzo ci siano motivi di studio,critica, ricerca. Per la corte d’appello, dunque, venticinque delle trenta opere esaminate sarebbero risultate legittime, in quanto rispondenti a “un estetica completamente diversa” rispetto agli originali di Cariou; su cinque lavori, però, era rimasto il dubbio. Ed ecco il rinvio al tribunale di grado inferiore, che si era già espresso in contrapposizione, suscitando l’allarme di tutta la comunità artistica: giudicare inammissibile l’uso di immagini preesistenti a fini creativi avrebbe potuto dare origine a un caso esemplare, destinato a fare giurisprudenza. Una minaccia per quella che è ormai una tradizione radicata da decenni.
Il giudizio sulle cinque opere è così tornato nelle mani della lower court. Riusltato? Un accordo tra le parti è stato finalmente raggiunto. Non ne sono ancora noti i termini, ma dalle carte depositate lo scorso martedì una cosa appare chiara: nessuno dei lavori andrà distrutto. Un’opzione che il giudice federale, nel 2011, aveva ritenuto plausibile a tutela di Cairou. Pericolo “macero” scampato. Mr. Prince ringrazia e i collezionisti pure.
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