Cibo e arte sempre più uniti a Milano: Kees de Goede firma il nuovo intervento da Zazà Ramen, ristorante in Via Solferino
Tutto si gioca su una inconsapevole assonanza, che crea legami inediti tra culture mai così diverse e lontane. Da un lato quella europea e occidentale, che nel riferirsi all’inglese come lingua universale trova in soot il termine per indicare la fuliggine. Dall’altro quella giapponese che – vi risparmiamo gli ideogrammi – si riferisce allo stesso […]
Tutto si gioca su una inconsapevole assonanza, che crea legami inediti tra culture mai così diverse e lontane. Da un lato quella europea e occidentale, che nel riferirsi all’inglese come lingua universale trova in soot il termine per indicare la fuliggine. Dall’altro quella giapponese che – vi risparmiamo gli ideogrammi – si riferisce allo stesso concetto con la parola su-su. Un’eufonia quasi perfetta diventa occasione per nuove sperimentazione nel campo dell’arte: accade a Milano, in una via Solferino sempre più distretto del felice incontro tra cibo e arte. Con l’avventura di Pisacco prima, con Zazà Ramen poi: proprio il giovane locale che ha scelto di concentrarsi su uno dei piatti tipici più popolari dell’Estremo Oriente rinnova il proprio legame con il contemporaneo. Dopo i tre wall painting commissionati a David Tremlett ecco al lavoro l’olandese Kees de Goede.
Un cavalletto, le tele monocrome appoggiate capovolte, l’artista che passa una candela sulla superficie lasciando tracce di nerofumo; creando così quello definisce “uno spazio immateriale che è però molto fisico, tridimensionale”. Una sintesi, insomma, tra luogo reale, tangibile, esperito e luogo della mente; azione che si cala nel contesto con eleganza e che dal contesto stesso trae la propria forza espressiva. Perché per de Goede non c’è svilimento nel lavorare in un contesto estraneo ai tradizionali spazi dell’arte, anzi: un’opera collocata là dove si dedica tempo a se stessi finisce per essere contemplata con più attenzione, più piacere, di quanto non accada nei passaggi fugaci tra musei e gallerie.
– Francesco Sala
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