Da Jean-Luc Godard a Deimantas Narkevicius. Grandi nomi e programma serrato per il festival tedesco dei cortometraggi di Oberhausen, che festeggia sessant’anni
Non mostra i suoi 60 anni di età, il più longevo dei Festival internazionali dedicati al cortometraggio. Fondato nel lontano 1954 per dare spazio e il giusto riconoscimento ai cortometraggi, il Festival di Oberhausen è specializzato nella proposta di film transdisciplinari (realizzati in ambiti diversi come arte, cinema, musica, televisione, pubblicità) che sfidano la tradizione […]
Non mostra i suoi 60 anni di età, il più longevo dei Festival internazionali dedicati al cortometraggio. Fondato nel lontano 1954 per dare spazio e il giusto riconoscimento ai cortometraggi, il Festival di Oberhausen è specializzato nella proposta di film transdisciplinari (realizzati in ambiti diversi come arte, cinema, musica, televisione, pubblicità) che sfidano la tradizione per individuare nuovi percorsi espressivi. È il formato stesso del corto a permettere una maggiore sperimentazione rispetto al lungometraggio. Nel 1962 una ventina di giovani registi tedeschi (tra cui Edgar Reitz e Volker Schlondorff) firmarono al festival il Manifesto di Oberhausen in cui proclamavano la volontà di creare film più sperimentali, svincolati da generi narrativi consolidati e da logiche commerciali. Il manifesto portò alla creazione del Junger Deutscher Film.
Fin qui la storia, che quest’anno sarà tracciata dal fondatore del festival Hilmar Hoffmann con proiezioni di film storici e una mostra di memorabilia. Fotografie, poster e documenti tra cui la submission di Rainer Werner Fassbinder nel 1967 per il corto Das Kleine Chaos, che sarà rifiutato, e il premio che ricevette Hitchcock nel 1964 per Gli uccelli giudicato “il più irritante errore di un regista molto conosciuto”. Eija-Liisa Ahtila, Doug Aitken, Chris Marker, Kenneth Anger, Agnes Varda, Zapruder Filmmakersgroup sono alcuni degli autori che nel corso del tempo hanno presentato le loro opere a Oberhausen.
Il tema del festival di quest’anno (dal 1 al 6 maggio), è Memories Can’t Wait – Film without Film, curato Mika Taanila. Seminari e mostre accompagnano i film in programma, per approfondire da punti di vista diversi (produttivi, estetici, conservativi) il tema proposto. Le opere selezionate dall’artista e filmmaker finlandese appartengono a un genere di film inaccessibili anche ad un pubblico di sofisticati cinefili. Difficili da vedere per motivi diversi, progetti concettuali composti principalmente di istruzioni, o vicini alle pratiche performative/installative dell’arte contemporanea.
“Nella società odierna caratterizzata dalla pervasività dei dispositivi mobili, che determinano visioni private del proprio computer e a comportamenti neurotici, ‘films without film’ vuole suggerirci la possibilità di una diversa esperienza cinematica, di tipo partecipativo e immersivo, in cui diventa importante la presenza dello spettatore”, commenta Mika Taanila. Tra le opere selezionate vi sono corti di Vuk Ćosić, Jean-Luc Godard, Julien Maire, Rachel Moore, William Raban, Hans Scheugl, Michael Snow, Pilvi Takala, Young-Hae Chang Heavy Industries. Tre nuove installazioni filmiche di Chris Petit (con Emma Matthews), Tobias Putrih, Luis Recoder & Sandra Gibson, sono state invece prodotte dal festival. Le rassegne sono dedicate alla viennese Mara Mattuschka, al sudafricano Aryan Kaganof, al lituano Deimantas Narkevicius e al polacco Wojciec Bakowski, autori cutting-edge che operano al confine tra cinema e arte. Le Panel discussion sono momenti di incontro tra registi, film curator, accademici e amanti del cinema. I topics di questa edizione riguardano gli innesti della memoria (tenuto da Mika Taanila), l’industria cinematografica tedesca, gli archivi digitali, le motivazioni che spingono i filmmaker a girare i film, e i dialoghi tra le pratiche artistiche e quelle cinematografiche. Quest’ultimo è un programma seminariale tenuto dal curatore, filmmaker e storico Federico Windhausen, in collaborazione con LUX film e The Robert Flaherty Film Seminar di New York. Chissà se anche quest’anno i selezionatori saranno in grado di rifiutare l’opera di un futuro Fassbinder?
– Lorenza Pignatti
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