Franceschini… chi? A 45 giorni dal giuramento del governo Renzi la pagina web del Ministero dei Beni Culturali non ha ancora ufficializzato la nomina del nuovo ministro. Alla faccia dell’Agenda Digitale…
Pensa alla scena. Obama torna a Washington dopo il suo giretto per l’Europa, entra alla Casa Bianca, accarezza il cane, dà un bacetto a Michelle e alle piccole: “dove sei stato?” e intanto si allenta il nodo alla cravatta, “mah, un po’ qui un po’ là…”; si scrolla le scarpe e guadagna le pantofole: “hai […]
Pensa alla scena. Obama torna a Washington dopo il suo giretto per l’Europa, entra alla Casa Bianca, accarezza il cane, dà un bacetto a Michelle e alle piccole: “dove sei stato?” e intanto si allenta il nodo alla cravatta, “mah, un po’ qui un po’ là…”; si scrolla le scarpe e guadagna le pantofole: “hai venduto qualche F35?”; stirata di schiena con annesso scrocchio della cervicale: “Michelle! Mica faccio il commesso viaggiatore! Comunque sì, gli italiani qualcuno se lo prendono”; toglie i gemelli a forma di bandierina americana e li poggia sulla scrivania: “visto niente di bello, ‘sto giro?”; sprofonda in poltrona: “un museo ad Amsterdam, l’Unione Europea, solita roba. Ah! Sono stato a Roma, m’hanno fatto entrare al Colosseo!”; la nuvola di segretari gli ronza attorno carte plichi mail appunti vari ed eventuali: “cool, daddy! Vedere le foto?!?”. Cuore di padre, Obama scaccia con un gesto la torma di stagisti e stagiste e armeggia sul Blackberry: un orrido selfie con la Merkel che non si dica certe cose le fa solo con le prime ministre alte bionde e gnocche, il piatto di moules-frites per il suo account segreto su FoodSpotting… ah, ecco! Il Colosseo! “Sapessi darlin’ che casino: ho detto che sembrava lo stadio del baseball e si sono arrabbiati tutti… bah, gli italiani!”. E poi passa a illustrare la gallery: “ecco: qui è da dove uscivano i gladiatori e i leoni; qui dove combattevano; questo è Matteo, quello che comanda adesso in Italia, questa è la guida che mi faceva fare il giro…”. Scrollando scrollando compare in un angolo un personaggio secco e magro, la barba ispida: Obama si rabbuia un attimo. “E questo chi è, daddy? Sembra quello cattivo dell’Iran!”. Barack si gratta la testa: “No, sweety! Non è Ahmadinejad, lo sai che con lui non ci parliamo! Questo è una specie di sottosegretario alla cultura per l’Italia, è una cosa che in Europa hanno. Con tutte le cose storiche, i quadri, i monumenti… serve uno che dica come gestirli, cosa farne”. Le piccole sgranano gli occhi e prorompono nell’inevitabile cool. “Eh, gliel’ho detto anch’io! Sai che bello stare tutto il giorno a girare nei musei invece di smazzarsi la crisi di qui e la guerra di là?!? Già, ma com’è che si chiamava questo?”. E qui il ricordo di tutte le mani strette, dei sorrisi di circostanza e dei convenevoli mescola le carte della memoria. Schiocco di dita e arrivano due, anzi no: tre quattro segretari prostrati al trono. Chiede di trovare quel nome e spunta agile da qualche parte un tablet; le dita digitano febbrili su Google le parole magiche culture + Italy e il secondo risultato della ricerca, subito sotto un’improbabile scheda di Wikipedia è il sito ufficiale del Ministero per i Beni Culturali. Le dita ci entrano, un po’ disorientate da non trovare la bandierina UK che dà accesso alla versione in inglese del sito; ma nella banda a sinistra quella voce “ministro” è sufficientemente intelligibile per chiamare la cliccata. Il risultato è “pagina in allestimento…”, con i puntini di sospensione che assumono la poesia di un futuro dilatato all’infinito.
Pensa alla scena. Il governo Renzi giura il 22 febbraio e al 7 di aprile la pagina ufficiale del ministero resta così, abbandonata a se stessa in un limbo post-atomico di noncuranza, sciatteria, pressapochismo. Pensa alla scena, pensa all’Italia. Fatto?
– Francesco Sala
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