Brasile alla conquista di New York. Al MoMA il primo grande omaggio all’artista Lygia Clark, dall’astrattismo all’abbandono della Pittura: ecco le immagini
Chi si interessa di pittura astratta, di arte partecipativa e performance non può mancare questa mostra per conoscere meglio Lygia Clark (1920-1988). La prima grande retrospettiva in Nord America dell’artista brasiliana si è appena aperta al MoMA di New York, e non solo illustra in maniera straordinaria lo sviluppo della sua pratica artistica, ma dà […]
Chi si interessa di pittura astratta, di arte partecipativa e performance non può mancare questa mostra per conoscere meglio Lygia Clark (1920-1988). La prima grande retrospettiva in Nord America dell’artista brasiliana si è appena aperta al MoMA di New York, e non solo illustra in maniera straordinaria lo sviluppo della sua pratica artistica, ma dà al visitatore la possibilità di entrare in contatto diretto che le sue opere. Clark è infatti nota per aver gettato le basi dell’arte partecipativa e dell’arte terapia, creando soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita opere nelle quali la partecipazione dello spettatore aveva, e ha ancora, un ruolo fondamentale. Questo aspetto è stato considerato dagli exhibition designer che hanno progettato l’esposizione non solo in ordine cronologico, ma anche con delle “stazioni interattive” alle quali il visitatore può toccare, usare e sperimentare le opere di Clark.
Il percorso di apre con opere del periodo astratto e molto grafico (1948-59), lavori che si ispirano a Klee, Leger, Mondrian, Tatlin e Bill, per passare poi alla fase Neo Concretista (1959-66), in cui le superfici cromatiche delle tele si aprono e danno spunto alla creazione di sculture mobili, piani pieghevoli che si trasformano in infinite combinazioni tridimensionali. Negli ultimi vent’anni della sua vita Clark si occupa di “abbandonare l’arte”: spinta da una profonda crisi personale, rinnega “il fare arte”. Semplici oggetti diventano mezzi per sperimentare il proprio corpo, per raggiungere una nuova consapevolezza delle capacità percettive e limiti fisici e mentali. Lygia Clark elabora questa pratica e la raffina fino alla fine della sua vita, creando opere sempre più coinvolgenti e meno artistiche, ponendo sempre di più il pubblico, e meno l’opera d’arte, al centro dell’attenzione. E infatti la mostra si conclude con la terza parte in cui possiamo provare il suoi “sensorial objects” e ammirare opere che sono molto lontane dalla creazione iniziale, e allo stesso tempo attuali come non mai. Anche queste vedete nella ricca fotogallery dall’opening newyorkese…
– Sarah Corona
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati