Dalla cinepresa alla macchina fotografica e ritorno: a MIA incontriamo Tea Falco. La musa di Bertolucci presenta a Milano le sue fotografie

Ecco: un altro vip che ritiene di avere qualcosa da dire al di là del lavoro per cui è apprezzato e (si spera per lui lautamente) remunerato. E si inventa pittore, scultore, scrittore, poeta, cantautore o in questo caso fotografo: attirando le attenzioni di fan disposti a prendere per cioccolata tutto ciò che il nostro […]

Ecco: un altro vip che ritiene di avere qualcosa da dire al di là del lavoro per cui è apprezzato e (si spera per lui lautamente) remunerato. E si inventa pittore, scultore, scrittore, poeta, cantautore o in questo caso fotografo: attirando le attenzioni di fan disposti a prendere per cioccolata tutto ciò che il nostro espelle, e che del cacao ha giusto il colore; stimolando il fuoco di fila di una critica divisa tra la compiacenza paracula e le raffiche senza ritegno sulla Croce Rossa. Ci sta un po’ di prevenzione nell’attesa che si palesi a Superstudio Più Tea Falco, tra le più recenti scoperte di Bernardo Bertolucci, lanciata nell’Io e te che ha tradotto per il grande schermo l’omonimo romanzo di Ammanniti.
Ma questa volta, per fortuna di tutti, la situazione è ben diversa. Perché per l’attrice siciliana la fotografia non è un gioco, non un vezzo per riempire le giornate tra un ingaggio e quell’altro: è una pratica che viene, nonostante i suoi soli ventisette anni, da lontanissimo; urgenza espressiva che si intreccia a doppio filo con il lavoro sul set, risultandone complementare. Come conferma la scelta stessa di mescolarsi agli emergenti di Proposta MIA, accuratamente mimetizzata, quando sarebbe stato sicuramente agevole sfruttare la notorietà per imbalsamarsi nel vernissage di una galleria modaiola, con ospiti illustri e foto su fashion blog e rotocalchi vari.
“Ho cominciato a scattare a tredici anni” ci racconta “insieme a mia madre, che fotografava per passione ma ha vinto anche premi importanti a livello nazionale. A diciassette anni ho cominciato con la recitazione, ed è a venti che ho preso a fotografare con regolarità. Più o meno quando ha smesso di farlo lei”. Quasi un passaggio di consegne, un filo che non si è spezzato. Oggi Tea Falco porta avanti insieme al compagno Ariens Damsi, e presenta a MIA un progetto ambizioso: sono cento i ritratti in via di realizzazione ad altrettante persone coinvolte in quello che, più che un set, si presenta come un processo catartico condiviso.  “Nella fotografia e nella recitazione cerco le stesse cose: fotografo me e gli altri, quindi interpreto personaggi, provo a capire la psicologia umana. Cerco i dettagli, mi incuriosisce anche solo vedere come cammina e si muove la gente: sono spunti che mi servono per il mio lavoro di attrice”. Un’analisi che si traduce in ritratti collage dall’effetto dada: il corpo è quello della stessa Falco, annullato nelle forme e reso come anonimo manichino, il volto quello di un soggetto altro. Chiamato a condividere prima dello scatto ciò che ritiene essere la propria anima, il proprio spirito vitale; essenza che prenderà posto, in sovrapposizione, sul ventre dell’immagine riprodotta. “Si tratta della materia oscura: in maniera patafisica penso che sia l’inconscio, là dove va a finire l’anima. Chiedo ai miei soggetti cosa vorrebbero essere, ed è questo che riproduco nelle fotografie, in maniera simbolica”.   

Francesco Sala

 

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