Degrado e illegalità, la solita musica a Palermo. Imbrattata la fontana del Garraffello. E la colpa, stavolta, è di Uwe Jäntsch. Un artista
L’immagine è di quelle che fanno indignare. È davvero possibile mortificare in questo modo il patrimonio pubblico? E fino a quando le civilissime città di un’europeissima Italia, in queste ore in piena corsa elettorale, dovranno subire il peso di un’incuria senza pari? Parliamo di monumenti oltraggiati. Di controlli assenti nei quartieri difficili. Di vandalismo, di […]
L’immagine è di quelle che fanno indignare. È davvero possibile mortificare in questo modo il patrimonio pubblico? E fino a quando le civilissime città di un’europeissima Italia, in queste ore in piena corsa elettorale, dovranno subire il peso di un’incuria senza pari? Parliamo di monumenti oltraggiati. Di controlli assenti nei quartieri difficili. Di vandalismo, di crolli e di degrado. Parliamo di Palermo. Che tra una palazzina che frana, il tetto di una scuola sbriciolato sulle teste degli alunni e la solita allure da discarica abusiva, oggi si ritrova con un nuovo monumento offeso. La storica fontana del Garraffello, gioiellino barocco de 1591, simbolo dell’omonima piazza nel cuore della Vucciria, è oggi decorata da una scritta cubitale: SI VENDE. Vernice spray rosso fiammante e una scia d’indignazione che nel giro di due ore ha invaso la città, i social network, i blog, le testate locali.
Agli autori dell’ignobile misfatto il Comune ha già promesso una denuncia senza sconti. Ragazzini ribelli? I soliti teppisti di strada? Eh no. Il colpevole è, stavolta, un artista. Uwe Jäntsch, austriaco, da anni cittadino palermitano, stabilitosi nella suggestiva zona della Vucciria, regno sgangherato di cui si è autoproclamato reuccio. Qui ha più volte realizzato murales, scritte e installazioni fatte di rifiuti: la più grande – presto smantellata dall’amministrazione – era un’enorme cattedrale di materiali di scarto, assemblata all’interno dell’ex Loggia dei Catalani, una delle architetture sbriciolate dalle bombe nel ’43, rimaste ad incarnare quella vocazione decadente di una città mortifera e morente; l’altra, Banca Nazion, era un’insegna artigianale che sormontava un edificio, ancora a piazza Garraffello, demolita pochi mesi fa durante i lavori che seguirono il crollo di una palazzina pericolante. E lui ce la rimise, dopo una raffica di strali e di denunce, giudicando illegittima la rimozione dei suoi (illegittimi) street work. Tutto sempre con spirito bohemien e di dissenso.
La fontana barocca verniciata, però, è una roba che fa proprio impressione. Possibile che sia stato Uwe? Così riportano subito i vari web magazine locali e così lui stesso ha rivendicato, postando la foto del misfatto sulla sua pagina Facebook e su Rosalio, noto blog cittadino, accompagnata da questo commento: “La fontana della piazza Garraffello (1591), è recintata nella zona vietata, la zona per il pericolo del prossimo programmato crollo della ex loggia dei catalani. La fontana non è protetta dalle prossime macerie. La sua fine sarà sotto le macerie o in qualche altro luogo dalla nostra città, magari abbiamo anche un spazio al parco foro italico o in un bagno in un bel villino privato?”. Un gesto di denuncia, dunque, indirizzato a un’amministrazione che ha completamente abbandonato il centro storico, i mercati, i monumenti, la tutela degli edifici, la sicurezza delle persone, la cura delle opere d’arte.
Motivazioni condivisibili, per una trovata ingiusificabile. A cui ci sarebbe da non credere, se non fosse per le foto e il video spuntati in rete, che lo inchiodano sulla scena del misfatto, con la bomboletta in mano. “Questa fontana“, ha aggiunto Uwe, “dovrebbe essere di tutti e invece non è di nessuno. Tanto varrebbe venderla ad un privato. Almeno qualcuno ne avrebbe cura”. E intanto monta l’indignazione, giustamente, tra i cittadini, gli artisti, i residenti. Contro chi non tutela una zona storica, ormai ridotta a un campo di macerie, la cui unica legge è quella dell’illegalità, dell’evasione, dell’abbandono, della mafia di quartiere; e contro chi, inventandosi proteste autopromozionali, si mette pure a denunciare il degrado contribuendo ad aumentarne lo spessore. Come dire, se un museo non funziona tanto vale prendere a martellate la collezione; se un giardino è sporco perché non dargli fuoco; se un palazzo è fatiscente, meglio sfondarlo con un tram. Per protesta, s’intende.
– Helga Marsala
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