William Kentridge superstar. Videointervista esclusiva di Artribune, fra il pubblico oceanico arrivato a San Giovanni Maggiore, a Napoli, per il talk dell’artista…
Pochi sono gli artisti che riescono a guadagnare anche le folle alla ricerca contemporanea: William Kentridge è uno di questi. Nell’impareggiabile cornice della Basilica di San Giovanni Maggiore, coacervo di stili e testimonianze a cavallo tra i secoli, non erano oggi solo studenti o i soliti addetti ai lavori a fare da spettatori affascinati alla […]
Pochi sono gli artisti che riescono a guadagnare anche le folle alla ricerca contemporanea: William Kentridge è uno di questi. Nell’impareggiabile cornice della Basilica di San Giovanni Maggiore, coacervo di stili e testimonianze a cavallo tra i secoli, non erano oggi solo studenti o i soliti addetti ai lavori a fare da spettatori affascinati alla conferenza del Maestro, a cura della docente dell’Università Orientale Maria De Vivo. Analogico e digitale, figura, archetipi, citazioni multiculturali, intermedialità. Il suo poliedrico carisma creativo ha incollato occhi e silenzi – competenti o semplicemente curiosi, ma indistintamente affascinati – all’artista, in una avvincente cavalcata di video, statements e retroscena.
“Lo studio è un luogo di esistenza”, asserisce Kentridge, che in botta e risposta col pubblico svela anche di sentire “una vicinanza all’arte africana precoloniale”. Mentre si attende per oggi – 6 maggio – l’opening della mostra nella sede partenopea di Lia Rumma, gustatevi un piccolo assaggio del talk e, solo per le telecamere di Artribune, una dichiarazione concessa nonostante l’assedio di pubblico, dove il Maestro commenta una sua sintesi, di qualche tempo fa, sulla sua ricerca: “tutto inizia, tutto finisce nella linea. L’unica realtà è l’impermanenza”.
– Diana Gianquitto
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati