Arbre Magique a forma di ulivo per sensibilizzare sul caso ILVA: a Taranto e Bari la nuova provocazione di Pep Marchegiani
I tempi della cronaca, delle luci della ribalta, sono un po’ come le Nuvole di Fabrizio De André: vanno, vengono, solo ogni tanto si fermano. Regime incostante e scodinzolante quello dell’attenzione dei mass media, che oggi ritengono determinante quel fatto, quella notizia, e domani gli preferiscono altro, lasciando la narrazione interrotta. Le soluzioni sospese. Si […]
I tempi della cronaca, delle luci della ribalta, sono un po’ come le Nuvole di Fabrizio De André: vanno, vengono, solo ogni tanto si fermano. Regime incostante e scodinzolante quello dell’attenzione dei mass media, che oggi ritengono determinante quel fatto, quella notizia, e domani gli preferiscono altro, lasciando la narrazione interrotta. Le soluzioni sospese.
Si è parlato fino allo sfinimento del caso dell’ILVA di Taranto, del fermo della produzione, dei sequestri, dei legami della famiglia Riva con il tessuto politico e l’establishment non solo locale. Poi più nulla. Come se qualcuno dotato di bacchetta magica avesse all’improvviso risolto la questione, o come se addirittura non ci fosse mai stato nulla da risolvere: quasi si fosse trattato di un sogno – un incubo – o uno scherzo. E invece l’ILVA resta sempre là, con il suo sito industriale ridotto a inquieta cattedrale nel deserto, e con la faccenda degli inquinanti sparsi per anni nell’ambiente ancora tutta da affrontare. Non ha intenti estetici ma puramente etici l’operazione che l’artista abruzzese Pep Marchegiani ha condotto negli ultimi giorni a Taranto: migliaia gli Ilva Magique comparsi per la città, riproduzioni in scala 1:1 (in certi casi, però, autentiche gigantografie) degli storici alberelli che profumano gli interni delle automobili, questa volta sagomati a forma di ulivo. Pianta simbolo della Puglia, ma al tempo stesso simbolo di una sfida lanciata al tempo: con la vitalità di un albero per propria natura plurisecolare che diventa drammatica metafora della persistenza delle scorie che a Taranto – come a Casale Monferrato, Pozzuoli e nelle decine di cosiddette “fabbriche della morte” sparse in Italia – continuano a prescindere dai ritmi della produzione a seminare malattia e disperazione.
I miasmi sono solo un avvertimento olfattivo, segnale primo e immediato che ammanta il sito industriale di un’aura malefica, inquietante. Gli Ilva Magique sono caustica parodia dei rimedi che storicamente in Italia si offrono a situazioni invece complesse: agendo in superficie, coprendo, mascherando, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Senza mai andare alle radici delle cose.
Radici che, invece, puntano ad ampliare gli ulivi di Marchegiani: nelle scorse ore comparsi anche a Bari, lungo il percorso pedonalizzato di via Arginto. E domani, chissà, destinati a spuntare anche altrove…
– Francesco Sala
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