Navigare nell’arte e nella storia di Roma. La Capitale e Google insieme per raccontare in Google Art Project le opere più significative delle collezioni museali romane
Mentre l’ultimo Assessore alla Cultura di Roma Capitale, la dimissionaria Flavia Barca, aveva avviato un catastrofico processo che avrebbe portato alla chiusura dei musei civici “minori”, continua il suo percorso una importante iniziativa finalizzata alla promozione della conoscenza delle collezioni museali, fondamentale soprattutto per aumentare la conoscenza e suscitare la curiosità di studenti, turisti, curiosi […]
Mentre l’ultimo Assessore alla Cultura di Roma Capitale, la dimissionaria Flavia Barca, aveva avviato un catastrofico processo che avrebbe portato alla chiusura dei musei civici “minori”, continua il suo percorso una importante iniziativa finalizzata alla promozione della conoscenza delle collezioni museali, fondamentale soprattutto per aumentare la conoscenza e suscitare la curiosità di studenti, turisti, curiosi proprio rispetto alle realtà museali meno note. Nei giorni scorsi scorso, nel suggestivo auditorium dell’Ara Pacis a Roma, Amit Sood, direttore di Google Cultural Institute, con Claudio Parisi Presicce, Soprintendente ai Beni Culturali di Roma Capitale e direttore Musei, Albino Ruberti, presidente e amministratore delegato di Zètema Progetto Cultura, hanno sancito l’adesione di 14 nuove sedi museali alla piattaforma Google Art Project, sviluppata da Google per la promozione della conoscenza dei maggiori musei del mondo.
Sono già otto milioni le persone che hanno navigato nella piattaforma, che rispetto all’esperienza di visione tradizionale delle opere consente altre funzioni, come di zoommarle e di vederle in ogni particolare, di avvicinarsi anche ai particolari più lontani, e soprattutto di creare dei percorsi personalizzati di lettura. La piattaforma in cui è coinvolto anche il sistema museale di Roma capitale mette a disposizione di un pubblico vastissimo capolavori dei musei di tutto il mondo, e ha avuto sino ad ora 2 miliardi di utenti web. Aldilà dei numeri, Amit Sood sottolinea l’importanza di “lavorare con la città” – in questo caso, con il Sovrintendente e con Zètema; non si tratta solo di avere l’autorizzazione di pubblicare le immagini delle opere, ma piuttosto di costruire insieme un percorso in cui la proposta, la selezione delle opere, i supporti didattici da pubblicare siano quelle suggerite e proposte da chi dirige e coordina i musei. Per il direttore del Google Cultural Institute l’esperienza visiva on line non potrà mai essere sostitutiva di quella reale, ma solo precedente e propedeutica; tuttavia, la rete offre la grande opportunità di democratizzare l’arte e la cultura, raggiungendo fasce di pubblico diverse e utenti di altri paesi, allargando in maniera esponenziale la platea. Il progetto Google Art Project è nato tre anni fa, inizialmente era Google a coinvolgere i musei, oggi invece sono i musei a mettersi in contatto con loro. Uno degli strumenti che ampliano la visione delle opere è quello di poter organizzare una propria Gallery, sia nell’ambito di un museo, sia fra più musei nella stessa città, che anche fra più musei di diverse città del mondo. Durante lo speach, Parisi Presicce propone una sua personale Gallery, sensibile e colta, basata sul concetto di museo come “preservazione della memoria”: la Gallery che si apre con un capolavoro di scultura romana, il busto del giovane imperatore Commodo, una sorta di regesto sia di citazioni della iconografia di Ercole, che di altre simbologie, prosegue con il meraviglioso ritratto Il dubbio di Giacomo Balla, che raffigura una giovane donna, Elisa, e prosegue con alcuni ritratti selezionati nel Museo napoleonico.
La presentazione/dibattito, stimolata e moderata da Anna Lombardi, giornalista di La Repubblica, si conclude con una sua domanda sul museo del futuro, alla quale i presenti rispondono in maniera corale che l’esperienza della conoscenza e della visione rimarrà fisica, e che la rete, i devices, l’informatica entreranno sempre più nella fruizione della culturale come strumenti di semplificazione, di amplificazione delle funzioni, e di primo approfondimento.
– Monica AG Scanu
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