Prendere a pallonate un muro, liberando la fantasia. Andrea Mastrovito e una squadra di cento bambini, a New York: le foto del gigantesco fregio…
Ci sono casi in cui l’arte, uscita dalla naturale dimensione iconica e contemplativa, sceglie la via delle relazioni umane, dell’azione politica e sociale, dell’impatto immediato sulla vita di piccole comunità di persone. Senza sacrificare la potenza del rito e l’appeal dell’immagine, ma lasciando che il tutto si traduca in un’occasione collettiva. Casi genuini – non […]
Ci sono casi in cui l’arte, uscita dalla naturale dimensione iconica e contemplativa, sceglie la via delle relazioni umane, dell’azione politica e sociale, dell’impatto immediato sulla vita di piccole comunità di persone. Senza sacrificare la potenza del rito e l’appeal dell’immagine, ma lasciando che il tutto si traduca in un’occasione collettiva. Casi genuini – non figli di intellettualismi posticci, né di pose ruffiane – capaci di lasciare un’eredità concreta, negli spazi urbani e negli occhi dei cittadini, nella loro memoria, nella loro coscienza.
Casi come quello appena messo in campo da Andrea Mastrovito, a New York, nel quartiere popolare e multietnico di Bushwick, a Brooklyn. Qui, al 185 di Suydam Street, l’artista si è inventato una performance dal titolo Kickstarting, scegliendo come luogo d’azione un vecchio cortile abbandonato di una parrocchia locale. Coinvolti i parroci, gli insegnanti della Cornell University e il direttore della scuola elementare, il progetto è diventato realtà. Per un mese Mastrovito ha lavorato con un gruppo di cento bambini residenti, coinvolgendoli con lezioni molto easy di storia dell’arte e cercando di far passare un messaggio prezioso, soprattutto per dei minori con un’estrazione sociale disagiata: anche col poco che si ha disposizione, si può raggiungere una meta. Lasciare un segno, concretizzare un desiderio, incidere sulle cose.
La prima fase del laboratorio ha avuto la forma di un censimento e di una narrazione: a raccontarsi erano loro, i bambini. Decine e decine di immagini, spunti, simboli, fantasticherie, che Andrea archiviava e via via concretizzava. Alberi, fiori, giocattoli, soldati, delfini, band musicali, da Gesù fino ai Pokemon, passando per gli One Direction. Una sfilza di suggerimenti, trasformati in stencil a grandezza naturale. Disposti poi, come in una processione fantasy, lungo il muro perimetrale del cortile, aspettando solo di sbocciare nel colore.
Ed ecco, il 28 e il 29 maggio, la mega azione collettiva che ha concluso il viaggio: fiumi di tempera in polvere sul suolo, cinquanta palloni inzuppati di pigmento e un esercito di piccoli artisti invitati a prendere a pallonate i muri. Lasciare un segno, quindi. Nel vero senso della parola. Trasformare uno spazio, far nascere qualcosa, spostare l’immaginazione in là, fino a sfondare il perimetro ostile del reale.
Tolti gli stencil, quel che è rimasto è uno straordinario fregio di circa cento metri, protetto da appositi fissativi e lasciato in dono al quartiere. Un landmark che trabocca di significato, e che diventa metafora di una possibilità, contro la routine dell’abbandono e della resa. In anteprima, il racconto di Kickstarting, in questa galleria di immagini inedite.
– Helga Marsala
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