Distrutta a Gaza la scuola firmata da Arcò e Mario Cucinella. Vittima dei nuovi scontri arabo-israeliani il centro per l’infanzia La Terra dei Bambini, nel villaggio di Um al Nasser
Il riaccendersi dell’eterno conflitto arabo-israeliano fa una vittima eccellente anche in campo creativo: vittima dei nuovi scontri di Gaza è il centro per l’infanzia La Terra dei Bambini, nel villaggio di Um al Nasser. Un progetto importante, per le alte finalità sociali che si proponeva, con un asilo per 130 bambini e un ambulatorio pediatrico, […]
Il riaccendersi dell’eterno conflitto arabo-israeliano fa una vittima eccellente anche in campo creativo: vittima dei nuovi scontri di Gaza è il centro per l’infanzia La Terra dei Bambini, nel villaggio di Um al Nasser. Un progetto importante, per le alte finalità sociali che si proponeva, con un asilo per 130 bambini e un ambulatorio pediatrico, finanziati dalla Cooperazione italiana. Ma un centro importante rilevante anche a livello strutturale: a progettarlo nel 2011 furono infatti il gruppo ARCò – Architettura e Cooperazione e lo studio di architettura MCA Mario Cucinella Architects. Un protagonista assoluto dell’architettura globale, Cucinella: difficile citare solo qualcuna delle sue importanti realizzazioni, dalla nuova sede del Comune di Bologna al Centre for Sustainable Energy Technologies di Ningbo, in Cina, o le tante a cui sta lavorando, il Villaggio Expo di Cascina Merlata, la nuova sede direzionale dell’ARPT di Algeri. E proprio a una scuola sta lavorando a Guastalla.
Fondata a Milano nel 2009 da un gruppo di ingegneri e architetti che uniscono esperienze di ricerca e docenza universitaria alla pratica professionale, ARCò sin dall’inizio ha incontrato il mondo della cooperazione internazionale per affrontare e risolvere, con le proprie competenze, problemi in situazioni di emergenza umanitaria, in particolare attraverso la realizzazione di scuole in Palestina, come la notissima Scuola di gomme. La sostenibilità viene declinata in senso sociale attraverso la ricerca di tecniche adatte allo specifico luogo in cui si interviene, che consentano l’autocostruzione da parte degli abitanti, in senso economico attraverso la scelta di tecniche volte al riciclaggio e uso di materiali poveri, in senso ambientale attraverso l’impiego di fonti di energia rinnovabile e sistemi passivi di architettura bioclimatica. Obiettivo fondamentale di ogni progetto è trasmettere conoscenze e competenze, attraverso un processo di riappropriazione consapevole di tecniche e principi da sempre presenti nei luoghi in cui si interviene.
Un progetto – questo ora perduto – interessante anche per le modalità di costruzione: realizzato in poco tempo impiegando la tecnica degli “earthbags”, seguendo un modello di autocostruzione già sperimentato con successo con la comunità beduina Jahalin in Cisgiordania. Ideato con un occhio alla valorizzazione dell’identità locale reinterpretando il modello della tenda beduina: “una struttura temporanea caratterizzata da elementi di sostegno verticale a sorreggere un telo decorato, in lana di pecora. Con una struttura divisa al suo interno in due ambienti: uno pubblico per le attività comuni e il ricevimento degli ospiti, uno destinato alle attività private della famiglia”.
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