Ma gay e lesbiche devono avere uno spazio speciale, “diverso”, in un museo? Così pare pensarla lo Smithsonian di Washington, che apre una sezione dedicata alla storia del movimento LGBT
Le Smithsonian Institution, è cosa nota, fanno proprio dell’ecumenismo e dell’ampiezza di interessi il proprio punto di forza. Al celebre istituto di istruzione e ricerca di Washington afferiscono, per esempio, musei dalle specializzazioni più disparate, dalla National Gallery of Art al National Museum of African Art, al Cooper-Hewitt National Design Museum, al National Postal Museum, […]
Le Smithsonian Institution, è cosa nota, fanno proprio dell’ecumenismo e dell’ampiezza di interessi il proprio punto di forza. Al celebre istituto di istruzione e ricerca di Washington afferiscono, per esempio, musei dalle specializzazioni più disparate, dalla National Gallery of Art al National Museum of African Art, al Cooper-Hewitt National Design Museum, al National Postal Museum, solo per citare alcuni dei centri disposti lungo il mitico Museum Mile.
Forse proprio per questo fa riflettere l’annuncio comunicato in pompa magna: il National Museum of American History aggiungerà alle proprie collezioni una sezione con oggetti e materiali d’archivio relativi alla storia del movimento LGBT. Una discriminazione finalmente superata, o piuttosto una sperequazione di trattamento che non fa altro che sottolineare una supposta “diversità” ormai alquanto superata, fino ad apparire comica? Perché oggetti e materiali relativi a gay e lesbiche non dovrebbero trovare posto – qualora interessanti – nelle normali raccolte museali?
Fatto sta che avrà speciale rilievo – chissà perché – la racchetta da tennis di Renée Richard, che pare sia un oggetto iconico dell’orgoglio transgender, così come il passaporto diplomatico di David Huebner, ambasciatore degli Stati Uniti in Nuova Zelanda e Samoa tra il 2009 e il gennaio 2014, il primo ambasciatore apertamente gay nell’amministrazione Obama e il primo ambasciatore LGBT confermato dal Senato degli Stati Uniti. “La ricerca tesa al raggiungimento dei diritti civili in America tesse tutta la nostra storia“, ha dichiarato John Gray, direttore del museo. Ma forse in questo caso l’impegno è stato un po’ travisato…
– Massimo Mattioli
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