Segantini a Milano: a ventiquattrore dall’inaugurazione della maxi-mostra su Chagall apre sempre a Palazzo Reale quella sull’artista trentino. Ecco le prime immagini
Via una sotto l’altra: prima Chagall ora Giovanni Segantini. Milano anticipa la stagione autunno-inverno, e in una piazza Duomo presa d’assalto – causa Settimana della Moda – da diafane ragazze-stecco, matrone russe gonfie di sacchetti listati Prada, improbabili creativi orientali vestiti di stracci buoni giusto per dare giù la polvere il caravanserraglio dell’informazione di (più […]
Via una sotto l’altra: prima Chagall ora Giovanni Segantini. Milano anticipa la stagione autunno-inverno, e in una piazza Duomo presa d’assalto – causa Settimana della Moda – da diafane ragazze-stecco, matrone russe gonfie di sacchetti listati Prada, improbabili creativi orientali vestiti di stracci buoni giusto per dare giù la polvere il caravanserraglio dell’informazione di (più o meno) settore torna a distanza di ventiquattrore a Palazzo Reale per la preview della mostra dedicata all’artista trentino. Centoventi opere sono un bel corpus di lavori, si può tranquillamente dire che nessuno dei pezzi importanti manchi all’appello: e qui si vince facile, considerato che capolavori imprescindibili come L’angelo della vita e Le due madri sono di stanza, come diversi altri tra i pezzi in mostra, in quella Galleria d’Arte Moderna che non dista in linea d’aria più di un chilometro.
Preziosa è allora, semmai, la proposta di confronti serrati tra temi e soggetti analoghi; narrazione di un percorso creativo che evolve in fasi differenti, a volte con salti temporali che tradiscono la lunga macerazione di un processo impostato sull’equilibrio fra trasporto emotivo e controllo. Importante dunque la cronistoria di un altro quadro simbolo di Segantini, il manzoniano Ave Maria a trasbordo, offerto quasi fosse un palinsesto nella lettura stratificata delle diverse versioni, da quelle a carboncino fino all’olio, a coprire una parentesi pressoché decennale; come pure i duetti, i dialoghi a più voci, il rincontrarsi di opere separate alla nascita e oggi finalmente ricongiunte. In una mostra che, senza troppi fronzoli, rende un omaggio rigoroso e puntuale.
– Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati