Dal vecchio Teatro La Roma a Casa Mutt: a Santiago del Cile fioriscono gli spazi autogestiti dagli artisti, gallerie non convenzionali
La fermata della metro è quella di Belles Artes, il barrio sta in uno dei ventricoli che pompano frenetici il sangue nel cuore di Santiago del Cile: città che assume in modo inconsapevole la distopia tutta italiana, tanto europea, della proliferazione di quartieri cartolina ai suoi margini estremi, là dove il centro storico finisce per […]
La fermata della metro è quella di Belles Artes, il barrio sta in uno dei ventricoli che pompano frenetici il sangue nel cuore di Santiago del Cile: città che assume in modo inconsapevole la distopia tutta italiana, tanto europea, della proliferazione di quartieri cartolina ai suoi margini estremi, là dove il centro storico finisce per diventare popolare quando non popolarissimo. Non c’è targa al 464 di Mosqueto: si suona qualche campanello a caso e ci si infila nell’androne; scale attorcigliate e vetri rotti. Al secondo piano ecco Ejercicios Mosqueto: una stanza nuda e cruda, uno spazio non convenzionale creato da artisti per artisti; gestito da un artista – Prem Sarjo – per artisti. Vetrina che accoglie micro-show, pochi giorni per un faccia a faccia senza filtri con questo o quell’altro nome; un’opera a testa – un esercizio di stile, appunto – per fissare coordinate, prendere appunti, identificare una rotta. In questi giorni di fiera, ai margini dei party e dei vip program di Ch.ACO, non è infrequente imbattersi in situazioni come questa, luoghi invasi con gentilezza più o meno chiassosa dall’arte e accesi dalla forza di un entusiasmo a cui non sei più abituato. Ed è difficile, davvero difficile, non pensare che dietro il rifiuto della filiera costituita del binomio galleria-collezione, nel fascino carbonaro della malcelata segretezza, ci siano le cicatrici calde e pulsanti del passato di repressione e follia collettiva del governo Pinochet.
Parla non senza ironia di squatter Tan Vargas, uno tra gli artisti che animano il progetto Casa Mutt: trattasi in effetti di case occupate, le loro, spazi che finiscono per diventare al tempo stesso studio e galleria, porto franco che accoglie giovani creativi; cambiando indirizzo a seconda delle opportunità e delle occasioni. Seguendo uno schema in fondo non troppo diverso rispetto a quello usato da Local, altro spazio giovane, altro punto sulla mappa della scena artistica della città.
Nasce dall’esperienza dell’occupazione, durata la bellezza di tre anni, anche Proyecto Pendiente: fresco di inaugurazione lo spazio recuperato nel sottotetto del vecchio Teatro La Roma, in realtà un ex cinema, in quello che era il locale del proiezionista. Cinque giovanissimi architetti, performer, critici e curatori piazzano una scala in tubolari metallici per raggiungere il loro piccolo angolo di paradiso, un po’ circolo e un po’ sala mostre. Mentre al di sotto, in quella che fu la platea, già vive da tempo una fitta attività di concerti e spettacoli teatrali.
– Francesco Sala
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