I nuovi talenti del roBOt Festival. Luca Mauceri vince il Premio del Monte: sofisticazioni analogiche e tecnologie vintage, per un’installazione piena di magia
Tutti gli anni il bolognese roBOt Festival, giunto alla sua settima edizione, assegna un premio agli artisti emergenti che operano nell’ambito delle arti digitali. Un piccolo riconoscimento in denaro (800 euro) e una bella occasione di visibilità, per promuovere e sostenere la ricerca di chi, puntando sulla sperimentazione, si concentra su linguaggi intimamente connessi all’uso […]
Tutti gli anni il bolognese roBOt Festival, giunto alla sua settima edizione, assegna un premio agli artisti emergenti che operano nell’ambito delle arti digitali. Un piccolo riconoscimento in denaro (800 euro) e una bella occasione di visibilità, per promuovere e sostenere la ricerca di chi, puntando sulla sperimentazione, si concentra su linguaggi intimamente connessi all’uso delle nuove tecnologie.
Il Premio, supportato dalla Fondazione del Monte, ha raccolto quest’anno venticinque progetti internazionali, giunti in risposta ad una call. L’onore e l’onore di scegliere un vincitore è toccato a un comitato scientifico, composto da Sarah Corona (storica dell’arte e curatrice indipendente di base a New York), Claudio Musso (docente presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, storico dell’arte e curatore), Andrea Sartori (ingegnere, musicista e maker fondatore del Fablab di Bologna), la nostra Valentina Tanni (che oltre a far parte della direzione di Artribune è docente e critica di arti digitali) e dalle due curatrici Marcella Loconte e Federica Patti.
A trionfare è stato Luca Mauceri, toscano, classe 1981, con il suo La Racine, “un lavoro per natura site specific che ha saputo interagire in perfetta sintonia con l’ambiente espositivo di roBOt”. Apprezzatissima, dunque, la soluzione dell’allestimento, ma anche la natura stessa dell’installazione, in cui l’approccio tecnologico passa per una dimensione analogica ed hand-made, con esiti spettacolari, in qualche modo lirici, e una singolare allure vintage da cui filtra tutta la magia dell’immagine astratta in movimento.
Una menzione speciale è andata a Simulacra, dell’artista tedesca Karina Smigla Bobinski, che, spiega la giuria, “racchiude in un’unica opera diverse prospettive: installazione, tecnologia, interazione con il corpo umano, mescolando in maniera sapiente diversi punti di vista. Un’indagine profonda sull’influenza che le nuove tecnologie hanno sulla nostra vita quotidiana”.
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