Una mostra in un vecchio laboratorio tipografico. Andrea Bianconi inaugura Atipografia, un ciclo di eventi in uno spazio atipico, dal sapore retrò
Il diluvio universale non ha fatto desistere quelle due-trecento persone dall’aggirarsi per la provincia vicentina alla ricerca di “Atipografia”. Il centro di Arzignano, polo veneto famoso per l’industria conciaria, dalla sera de 15 novembre si è trovato scaraventato nel circuito dell’arte contemporanea: da un’idea di Andrea Bianconi ed Elena Dal Molin, il vecchio laboratorio tipografico […]
Il diluvio universale non ha fatto desistere quelle due-trecento persone dall’aggirarsi per la provincia vicentina alla ricerca di “Atipografia”. Il centro di Arzignano, polo veneto famoso per l’industria conciaria, dalla sera de 15 novembre si è trovato scaraventato nel circuito dell’arte contemporanea: da un’idea di Andrea Bianconi ed Elena Dal Molin, il vecchio laboratorio tipografico della famiglia di lei è da oggi un connettore di idee, che ha aperto al pubblico con “Tunnel City”, personale dello stesso Bianconi (tornato da New York alla ricerca delle sue radici, nella città d’origine) curata da Luigi Meneghelli: il primo di una lunga serie di incontri ed eventi.
“Atipografia”, che nasce come associazione culturale, prova a sdoganare il concetto obsoleto che vuole la provincia (quella veneta, soprattutto) ricca economicamente ma povera culturalmente. Ed è proprio “Atipografia” a mostrare come si può essere valore aggiunto per il territorio con il quale si cerca un dialogo. Previste conferenze, workshop, residenze d’artista, una web radio: “Lo spazio è solo attivo, non esiste spazio passivo: altrimenti si tratterà al massimo di un luogo/stanza/cubicolo”, scrive Gianluca D’Incà Levis a compendio dell’esposizione di Bianconi, ma è un pensiero che si può estendere a tutto il progetto. E lo si legge su una stampa che ha tutta l’aria di quelle realizzate agli inizi del secolo scorso con quei caratteri mobili che ora sono scomparsi dalle cassettiere in legno che popolano la sala, per lasciare il posto agli oggetti minuscoli, enigmatici, partoriti dalla mente funambolica di Bianconi. “Tunnel city” esce dai cassetti e si insinua tra le fenditure dell’intonaco scrostato alle pareti, scherza con le silhouette create dai mattoni a vista, si aggrappa ai tubi e avvolge di filamenti travi e colonne, appende voliere al soffitto “per acchiappare le nuvole”. Ingabbia gli specchi, o meglio, ne confonde il fondo: chi sta dentro? Cos’è il fuori? Il fil rouge, qui, è diventato tutto nero. E promette assai bene.
– Petra Cason
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