Capolavori rubati e venduti per pochi dollari. Ladri, falsari, musei depredati. L’Uzbekistan, paese iper corrotto, al centro di uno scandalo colossale

Il cosiddetto Corruption Perceptions Index stabilisce l’indice di corruzione di alcune centinaia di Nazioni del mondo, o meglio la percezione che si ha all’esterno del fenomeno corruttivo, in base a una serie di rilevazioni statistiche. Paese per paese. E sono 174, nel 2014, quelli coinvolti. Una lunga lista che restituisce l’immagine pubblica di luoghi lontanissimi, […]

Il cosiddetto Corruption Perceptions Index stabilisce l’indice di corruzione di alcune centinaia di Nazioni del mondo, o meglio la percezione che si ha all’esterno del fenomeno corruttivo, in base a una serie di rilevazioni statistiche. Paese per paese. E sono 174, nel 2014, quelli coinvolti. Una lunga lista che restituisce l’immagine pubblica di luoghi lontanissimi, geograficamente e culturalmente, e da cui l’Italia – manco a dirlo – esce piuttosto male. Postazione numero 69, quando al primo posto c’è la Danimarca (emblema di pulizia massima) e all’ultimo la Somalia, irredimibile inferno della delinquenza.
Tra le ultimissime posizioni si piazza anche l’Uzbekistan, finito nella casella 166. Un altro regno indiscusso del malaffare, tra miserie, degrado ed intrallazzi, ai confini di ogni immaginazione. Ed è davvero inverosimile la vicenda uzbeka, balzata in questi giorni sulle cronache internazionali, che intreccia criminalità e cultura, in un unico sistema rodato e perverso. Materiale per la sceneggiatura di un noir.
Stando a quanto racconta il Guardian, un gruppetto di dipendenti dal Museo di Stato di Tashkent è finito in manette, grazie a un’indagine che ha scoperchiato un losco affare in corso da circa quindici anni.

Lamentation of Christ, la tela di Paolo Veronese esposta al Museo dell'Uzbekistan

Lamentation of Christ, la tela di Paolo Veronese esposta al Museo dell’Uzbekistan

La mini associazione a delinquere commerciava illecitamente con l’arte: proprio quella esposta al museo. Tele di pittori classici o moderni, tutti nomi di peso, venivano sottratte, immesse nel mercato nero e tranquillamente sostituite con dei falsi. Da un pittore rinascimentale come Lorenzo di Credi ad alcuni russi del primo Novecento, come Victor Ufimtsev e Alexander Nikolaevich: capolavori venduti, anzi svenduti, per cifre ridicole. Tra un minimo di 100 e un massimo di 800 dollari. Più o meno il costo di una cornice. Una follia generata dal mix letale di malcostume e povertà: in Uzbekistan la fame si taglia a fette e l’assurdo rischio corso dai dipendenti museali, per un pugno di spiccioli, racconta una condizione di disperazione e di degrado senza pari. Opere dal valore incalcolabile, trasformate in squallido bottino da mercato della pulci.
Ma in quindici anni nessuno s’era accorto di niente? Decine e decine di falsi, nel mezzo di un traffico losco, e tutto filava liscio? Non esattamente. Qualche dubbio, di tanto intanto, s’era palesato. Come quella volta in cui l’ambasciata italiana di Tashkent avanzò delle gravi perplessità sull’autenticità di un dipinto di Paolo Veronese, in occasione di una mostra inaugurata nel 2012. O come quella volta in cui nella villa di Ginevra di Gulnara Karimov , figlia del presidente autoritario dell’Uzbekistan Islam Karimov,  furono rivenute circa sessanta tele, fatte trafugare proprio dal Museo.
Adesso, a finire dietro le sbarre, tra gli altri, il curatore capo Mifayz Usmanov, condannato a nove anni, e due restauratori, con otto anni di pena a testa.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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