Il Novecento in mostra a Palazzo Buonaccorsi di Macerata. E le Marche si accorgono – finalmente – di avere anche un’anima contemporanea
Con l’inaugurazione delle sale del ‘900 dei musei civici di Palazzo Buonaccorsi, a Macerata, si conclude la risistemazione e la restituzione al pubblico del patrimonio storico artistico di una città, che – in controtendenza rispetto al trend diffuso nazionale – ha deciso di investire in cultura per lo sviluppo del territorio. Ma la notizia non […]
Con l’inaugurazione delle sale del ‘900 dei musei civici di Palazzo Buonaccorsi, a Macerata, si conclude la risistemazione e la restituzione al pubblico del patrimonio storico artistico di una città, che – in controtendenza rispetto al trend diffuso nazionale – ha deciso di investire in cultura per lo sviluppo del territorio. Ma la notizia non è questa: l’apertura delle sale dedicate agli artisti del ‘900 va ben oltre l’evento locale circoscritto. Poiché le Marche, regione che ha dato i natali a numerosi maestri dell’ultimo secolo, tra cui Luigi Bartolini, Enzo Cucchi, Gino De Dominicis, Mario Giacomelli, Giuseppe Uncini, Osvaldo Licini, Arnaldo Pomodoro, Eliseo Mattiacci, non vanta ancora una galleria regionale d’arte contemporanea che possa valorizzare la sua storia artistica più recente. Non c’è ad Urbino, sede della prestigiosissima galleria nazionale, non c’è in Ancona, capoluogo di regione.
Adesso, però, la collezione di palazzo Buonaccorsi racconta, in 150 opere, buona parte di questa storia territoriale: dagli inizi del ‘900, sostanzialmente fedeli alla tradizione ottocentesca, fino alla dirompente figura di Ivo Pannaggi scenografo, architetto, pittore e designer che nel 1922 introduce in città il Futurismo e progetta in stile costruttivista l’arredamento architettonico della propria casa di Esanatoglia. Quest’ultima in parte ricostruita nel museo, grazie a un riuscitissimo allestimento multimediale, concepito secondo standard internazionali.
E poi, seguire, l’avvento delle avanguardie, negli anni Trenta, con il “Secondo futurismo” del gruppo “Boccioni” di Bruno Tano, Sante Monachesi, Umberto Peschi, e del giovanissimo Wladimiro Tulli. Il racconto di tre edizioni del Premio Nazionale Scipione (1955, 1957, 1964) che consentirono acquisizioni importanti, fra cui Vedova e Osvaldo Licini; e poi i tanti maestri del panorama internazionale portati in città anche per merito dell’Accademia di Belle Arti.
Insomma un ‘900 tutto da scoprire, magari concedendosi un viaggio sulla carrozza multimediale della sottostante sezione del museo.
– Annalisa Filonzi
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