L’addio di Carol Vogel al New York Times. Il temuto critico tradito da Piero di Cosimo, da Wikipedia e dalla tentazione del cut&paste…
A chi non segua le cronache dell’arte, con uno sguardo appena un pochino aperto sulla scena internazionale, probabilmente il suo nome dice ben poco. Tutti gli altri, invece, sanno bene che pensare al New York Times senza di lei equivale a pensare a Parigi senza Tour Eiffel, a Giorgio Armani senza t-shirt nera, a un […]
A chi non segua le cronache dell’arte, con uno sguardo appena un pochino aperto sulla scena internazionale, probabilmente il suo nome dice ben poco. Tutti gli altri, invece, sanno bene che pensare al New York Times senza di lei equivale a pensare a Parigi senza Tour Eiffel, a Giorgio Armani senza t-shirt nera, a un cappuccino senza schiuma. Impensabile, indigeribile. Già, perché la “lei” a cui ci riferiamo è Carol Vogel, croce e delizia per artisti, galleristi, curatori d’arte americani e non solo: la sua colonna intitolata Inside Art, puntuale ogni giovedì sul quotidiano newyorkese per eccellenza, era un po’ vista come la colonna infame della critica, visto che la “signora” non ha mai avuto troppi peli sulla lingua. E spesso le sue staffilate rimbalzavano prontamente sui media di mezzo mondo. Quasi senza accorgerci, abbiamo virato la narrazione al passato: perché la notizia è questa, Carol Vogel lascia il NYT. Le motivazioni? Al di là delle comunicazioni di circostanza, periodo di riflessione, momento sabbatico, quelle reali conducono indirettamente in Italia. L’inizio del tramonto della sua stella, infatti, risalirebbe alla scorsa estate, quando la giornalista fu accusata di aver copiato un paragrafo da Wikipedia per un suo articolo dedicato a Piero di Cosimo…
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