Ma non avevamo deciso che Dario Franceschini era un bravo ministro? E invece pare proprio di no. Il pasticcio delle nomine dei direttori generali non si sbroglia
Che sta succedendo al Ministero dei Beni Culturali? Ufficialmente, niente: già, perché mentre tutto il mondo – dell’arte, di ciò che gira attorno all’arte – attende da giorni quel passaggio focale che è la nomina dei dodici direttori generali, ovvero coloro che detengono il potere reale dentro la macchina amministrativa, il dicastero retto da Dario Franceschini tace […]
Che sta succedendo al Ministero dei Beni Culturali? Ufficialmente, niente: già, perché mentre tutto il mondo – dell’arte, di ciò che gira attorno all’arte – attende da giorni quel passaggio focale che è la nomina dei dodici direttori generali, ovvero coloro che detengono il potere reale dentro la macchina amministrativa, il dicastero retto da Dario Franceschini tace sul punto. Ieri noi stessi scrivevamo che probabilmente il temporeggiare era dovuto al tentativo di risolvere due casi scottanti, riguardanti le candidate e possibili vincenti Anna Maria Buzzi e Carla di Francesco. Oggi tutto questo appare superato, escono voci – più o meno attendibili, tutto da verificare – sui nomi dei prescelti, pare di capire che i due casi citati non siano più un problema, visto che tutti le danno per escluse, eppure ancora non giungono comunicazioni ufficiali.
IL PASTICCIO DELLA DIREZIONE PER LE ARTI CONTEMPORANEE
Perché? Quello che sembra emergere disegna un quadro che porterebbe a rivedere sostanzialmente il giudizio sull’operato – finora da tutti apprezzato, noi per primi – di Franceschini: congelato da pratiche politico/amministrative che tutti pensavano ormai superate, fatte di eminenze grigie, di “reali” padroni del ministero in barba agli eletti ed alla politica, di trattative nascoste, di inspiegabili favoritismi e di prevaricazioni. Caso esemplare? Quello della Direzione Generale delle Arti Contemporanee, alla quale tutte le voci danno per certa la nomina di Federica Galloni, oggi alla guida della Direzione Regionale del Mibact per il Lazio, e per conseguenza la trombatura del candidato più accreditato – e di gran lunga più meritevole -, Francesco Prosperetti.
Una prevaricazione di “grado”, al di là delle considerazioni generali: Federica Galloni è un dirigente di seconda fascia, che verrebbe quindi preferita a uno di prima fascia come Prosperetti. Che però non ci sta, e diffida legalmente il ministro a perfezionare le nomine: “Il Ministro Franceschini ha purtroppo calpestato il mio diritto ad ottenere l’incarico di Direttore Generale”, precisa in una nota. E “mi ha accomunato nell’esclusione a due personalità molto discusse, l’una per essere sorella del Buzzi noto alle cronache romane e l’altra addirittura indagata. Questo con grave danno della mia immagine di dirigente dalla carriera specchiata e ricca di successi professionali. Per questi motivi ho notificato una diffida ai ministri Franceschini e Madia a ripristinare le nomine nella primitiva assegnazione come, nella stessa mattinata di ieri, mi era stata comunicata ufficialmente dal Gabinetto”.
In realtà Prosperetti ne ha ben donde di incavolarsi: è lui, smaccatamente, la persona più titolata e più preparata per quel ruolo, ma è anche una persona davvero onesta e sensibile, per lui essere l’unico escluso insieme ad un’indagata e alla sorella di un sospetto mafioso è un’onta allucinante. Quali potenti dirigenti del ministero stanno portando il ministro Franceschini a fare queste figuracce? Chi lo sta obbligando a umiliare un dirigente veramente capace e corretto? Quanto a Federica Galloni non diciamo, diremo solo nella malauguratissima ipotesi che la sua nomina debba davvero concretizzarsi.
LEVATA DI SCUDI DEI SINDACATI
Già, perché parrebbe proprio che lo stesso Prosperetti (la storia l’ha raccontata Francesco Erbani su Repubblica) sia stato prima contattato per comunicargli la nomina, poi, dopo 10 minuti, di nuovo per dirgli che c’era stato un errore. Una comica, se di mezzo non ci fossero cose molto serie come il futuro del contemporaneo in Italia (e anche parecchi soldi). Immancabili le prese di posizioni di varie sigle sindacali: “Al Collegio Romano ci deve essere una maledizione o qualcos’altro”, afferma Giuseppe Urbino, Segretario Nazionale della Confsal-Unsa Beni Culturali. “Franceschini salva la solita cerchia e per le loro Direzioni Generali non fa pubblicare interpelli pubblici”. “Nessun rinnovamento nei criteri di nomina e qualcuna di queste non si comprende bene in base a quali requisiti”, tuona Claudio Meloni, del Coordinamento FP CGIL MIBACT. “Questa tornata doveva essere una utile occasione per dare un segno distintivo alle possibilità di rinnovamento e certo non si può affermare che questo sia avvenuto”.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati