Francesco Bonami organizza per Phillips un’asta a New York dedicata agli italiani. I soliti dell’Arte Povera? Forse no: tentativo di affermare la generazione degli “Italics”
La notizia rimbalza da qualche pagina in rete, e vede il nostrano Francesco Bonami impegnato nell’organizzare un’asta di arte italiana a New York, per conto della auction house Phillips. In previsione per la fine di aprile, l’asta batterà circa cinquanta opere del secondo Novecento italiano, non necessariamente dei grandi nomi dell’Arte Povera e della Transavanguardia. […]
La notizia rimbalza da qualche pagina in rete, e vede il nostrano Francesco Bonami impegnato nell’organizzare un’asta di arte italiana a New York, per conto della auction house Phillips. In previsione per la fine di aprile, l’asta batterà circa cinquanta opere del secondo Novecento italiano, non necessariamente dei grandi nomi dell’Arte Povera e della Transavanguardia. E neanche dei soliti Fontana e Burri, per intenderci. Anzi, pare che Bonami sia intenzionato a curare il pacchetto dell’asta, ripercorrendo il pensiero critico che lo guidò nella costruzione della mostra Italics, allestita nel 2008 a Palazzo Grassi a Venezia, attraverso cui raccontò la (o, forse è meglio, una) storia dell’arte italiana del quarantennio 1968-2008, lasciando la parola anche a quegli artisti “italici” emarginati o condannati alla dimenticanza. Tra i nomi al momento svelati, Paola Pivi, Roberto Cuoghi e Maurizio Cattelan. L’evento si preannuncia interessante, non solo perché è raro vedere una curatela di questo calibro per una vendita d’asta, ma anche perché si intende fare leva sull’interesse del mercato per l’arte italiana contemporanea diagnosticato lo scorso anno, per dare spazio a nuovi nomi del panorama artistico nazionale degli ultimi decenni, oltre ai soliti che siamo abituati a leggere nei cataloghi d’asta.
– Marta Pettinau
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