Apre in rosa la 65ma edizione della Berlinale. Ma non convince in pieno Nobody Wants the Night di Isabel Coixet: ecco perchè

“Forse perché ho le palle per farlo​“. Così risponde Isabel Coixet all’ennesima domanda sulle questioni di genere e sulla sua capacità di gestire un lavoro che di solito poco spazio lascia alle donne. Nobody Wants the Night è un film riuscito solo in parte, e sicuramente non abbastanza incisivo per aprire un festival, come è […]

Forse perché ho le palle per farlo​“. Così risponde Isabel Coixet all’ennesima domanda sulle questioni di genere e sulla sua capacità di gestire un lavoro che di solito poco spazio lascia alle donne. Nobody Wants the Night è un film riuscito solo in parte, e sicuramente non abbastanza incisivo per aprire un festival, come è accaduto per questa Berlinale 2015. Soprattutto perché alla Coixet è toccato fare i conti con un troppo illustre predecessore: Wes Anderson e il ricco cast hollywoodiano di The Grand Budapest Hotel.
In Nessuno vuole la notte Juliette Binoche è la ricca borghese Josephine Peary che vuole raggiungere a tutti i costi il marito in un’esplorazione al nord della Groenlandia. Irremovibile sulla sua decisione si ritrova isolata in mezzo a uno sterminato deserto di neve coll’inverno alle porte. Con lei resta l’inuit Allaka (Rinko Kikuchi), amante, per di più incinta, di suo marito, anche lei in attesa del suo ritorno. Dopo la collisione tra due mondi e due culture agli antipodi, tra le due donne s’inizia ad instaurare un rapporto intimo, quasi fusionale. In uno scenario straordinario (che in conferenza è stato rivelato essere quasi completamente artificiale, eccetto dieci giorni di riprese in esterni in Norvegia), ma in realtà del tutto trascurato rispetto alla narrazione, Juliette Binoche rasenta più volte il ridicolo: continua a trasportare bauli di vestiti costosi ai confini del mondo con vino e bicchieri di cristallo intarsiati, facendosi la piega e uscendo a recuperare il carbone a temperature polari, senza nemmeno l’uso dei guanti. L’eschimese d’altra parte tende al gigionesco e più che ricordare Nanook di Flaherty, a cui la regista ha dichiarato di ispirarsi, riecheggia le espressioni dei ritardati nei documentari dell’Ufa ai tempi di Hitler.
La conferenza stampa è meglio del film, per dirla tutta, e la regista assesta un paio di colpi davvero brillanti alla stampa sessista: “Parliamo del tema di generi in maniera sbagliata; invece di perderci in chiacchiere fini a stesse, dovremmo passare ai fatti. Io sono catalana, miro al mio obiettivo e faccio di tutto per realizzarlo. Vorrei più soldi per le donne, ma mi accontenterei se le difficoltà per realizzare un film fossero le stesse per uomini e donne”. Col sottinteso che per “le gonnelle” la strada è molto più impervia. Isabel Coixet è una donna molto valida, con senso dell’umorismo e determinazione, ma l’inizio qui alla Berlinale non è dei migliori. L’impressione è che anche questo festival abbia meno fondi a disposizione: speriamo in un colpo di scena nei prossimi giorni.

– Federica Polidoro

 

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Federica Polidoro

Federica Polidoro

Federica Polidoro si laurea in Studi Teorici Storici e Critici sul Cinema e gli Audiovisivi all'Università Roma Tre. Ha diretto per tre anni il Roma Tre Film Festival al Teatro Palladium, selezionando opere provenienti da quattro continenti, coinvolgendo Istituti di…

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