Italiani in trasferta. Marco Fedele di Catrano a Mosca con Portrait of Jennie. Assenze, tensioni, sospensioni, scivolando dalla letteratura al video
Un progetto sul senso dell’impossibilità. Sul gioco opaco e perverso tra presenza ed assenza. Sulla memoria, il suo fallimento e l’esercizio della resistenza. Marco Fedele di Catrano, per questa personale presso CCI FABRIKA, a Mosca, realizzata nell’ambito di un progetto culturale tra Svizzera e Russia, parte da una storia romantica, screziata di toni noir. “Portrait of Jennie” […]
Un progetto sul senso dell’impossibilità. Sul gioco opaco e perverso tra presenza ed assenza. Sulla memoria, il suo fallimento e l’esercizio della resistenza. Marco Fedele di Catrano, per questa personale presso CCI FABRIKA, a Mosca, realizzata nell’ambito di un progetto culturale tra Svizzera e Russia, parte da una storia romantica, screziata di toni noir. “Portrait of Jennie” (1940) è il più celebre romanzo dello scrittore statunitense Robert Nathan.
Tutto ruota intorno alla vicenda di un incontro misterioso: nella New York del 1929 un artista in crisi, squattrinato e senza ispirazione, incrocia una giovane donna di nome Jennie, che diventa la sua ossessione. Lei, posando per lui, accenderà la passione e scioglierà il black out creativo. Nasceranno molti ritratti, tutti bellissimi, finché, con un epilogo tragico, l’artista scoprirà la verità: Jennie era morta in mare, molti anni prima. Il suo spirito aveva guidato la sua mano, insegnandogli di nuovo lo slancio per la pittura.
Non c’è traccia di questa storia nella mostra di Marco. O meglio, al di là del titolo, non c’è nessun riferimento diretto alla trama, ai personaggi. C’è, però, la tensione di fondo, l’idea della soglia tra visibile e invisibile.
Quattro video, per quatto frammenti di realtà, in cui si realizza il senso della sospensione. In Senza Titolo (2014) una telecamera segue una sfera d’acciaio che scivola attraverso gli ambienti dell’ex Villaggio Morelli, il sanatorio di Sondalo (Valtellina) costruito in stile razionalista durante gli anni del Fascismo: vuoti, sprofondati nel silenzio, carichi dell’eco di voci, sofferenze, malinconie, gli spazi del defunto ospedale si rivelano, misurati dal percorso del piccolo oggetto straniato e geometrico. Poi c’è Omar (2007), ritratto di un cagnolino perduto nel cuore di un bosco. Solo la sagoma si scorge, come una silhouette fluorescente nella notte: visione spettrale, che disorienta a cattura. Wally (2014) riprende un atleta nell’esercizio titanico di reggersi sulle braccia, perfettamente in parallelo rispetto al pavimento, vincendo la forza di gravità. Utopia e resistenza, forzando il limite fino allo sfinimento.
E ancora Milko (2015), il barbiere di strada della Stazione Termini, spiato nel buio di una marginalità sempre uguale a se stessa, mentre taglia i capelli ai passanti per due euro. E le ciocche cadono per terra, disegnando un quadrato perfetto. Un’altra geometria che spunta, nel magma indistinto della notte o nel vuoto di spazi ed esistenze.
Completano la mostra un light box dedicato a Douglas Gordon e una serie di interventi nello spazio: tracce di bitume, ritagli di moquette, un doppio corridoio obliquo all’ingresso, lasciando che lo spazio stesso – protagonista costante del lavoro dell’artista – si articoli intorno alle opere, fra micro spostamenti, disequilibri, disorientamenti.
– Helga Marsala
Marco Fedele di Catrano, Portrait of Jennie
CCI FABRIKA, Mosca
fino al 10 febbraio 2015
www.colta.ru/articles/swiss_made/5979
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