Lo Strillone: Verybello e la sindrome da Dolce Vita su Il Foglio. E poi Zubin Mehta e i tagli alla cultura, Diritto di seguito, L’Annunciazione di Leonardo
La Gran Bretagna ha superato i Beatles, la Francia non programma rivisitazioni continue di Edith Piaf e di Jacques ”. Mentre l’Italia non risce a uscire dalla “sindrome da Dolce Vita”: è godibilissima la lettura che su Il Foglio da Fabiana Giacomotti della scelta del nome per i contestatissimo sito degli eventi dell’Expo 2015. “Ma […]
La Gran Bretagna ha superato i Beatles, la Francia non programma rivisitazioni continue di Edith Piaf e di Jacques ”. Mentre l’Italia non risce a uscire dalla “sindrome da Dolce Vita”: è godibilissima la lettura che su Il Foglio da Fabiana Giacomotti della scelta del nome per i contestatissimo sito degli eventi dell’Expo 2015. “Ma quanto dura l’incanto postumo della nostra età dell’oro?”, si domanda, legando la creazione di Verybello come un ammiccamento all’etichetta dell’Italia anni Sessanta: “non riusciamo a uscirne perché allora dopo centinaia di anni ci siamo sentiti ricchi, ammirati e creativi”. Per questo sul portale “si sono riversate le ironie feroci dell’Italia che non vive lungo il Tevere e che dunque non si aspetta di vedere una bionda procace a bagno in ogni fontana nelle notti d’estate”.
“È dai tempi di Berlusconi che i governi tagliano”. Viene, a sorpresa, da un osservatore “esterno” come Zubin Mehta, intervistato da Il Mattino di Napoli, una riflessione sull’Italia che con i tagli alla cultura perde i giovani. “Renzi lo conosco, è stato il ‘mio‘ sindaco a Firenze, ama l’arte, ma anche adesso promettono e non vedo molto, sono anni che lo ripeto: l’unica soluzione è il sistema americano, con lo sgravio fiscale per gli sponsor, peccato, l’Italia perde la gioventù”. Il Sole 24 Ore va a indagare sulla situazione del Diritto di seguito in Italia: “la Siae bussa il Mibact non risponde”. La Repubblica aggiorna che Franceschini ha sentenziato sull’ennesima disputa inerente all’Expo 2015, riguardante il prestito di un capolavoro di Leonardo: “L’Annunciazione resta agli Uffizi“.
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