Musei e tesori artistici nel discorso di insediamento di Sergio Mattarella. Qualche spunto positivo in un profluvio ecumenicamente democristiano per il neo Presidente
“Garantire la Costituzione significa […] amare i nostri tesori ambientali e artistici”. “Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo”. Due veloci passaggi, inseriti in argomentazioni più ampie: il primo che parla di amore per […]
“Garantire la Costituzione significa […] amare i nostri tesori ambientali e artistici”. “Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo”. Due veloci passaggi, inseriti in argomentazioni più ampie: il primo che parla di amore per la cultura, il secondo che pone una istituzione come quella del museo come luogo primario dell’aggregazione civica quotidiana, al punto da metterlo allo stesso livello dell’ospedale, del tribunale, del comune e della scuola. Questo è ciò che il nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dedica all’ambito storico-artistico nel suo discorso di insediamento, pronunciato stamane davanti alle camere riunite. Un discorso brevissimo – circa 30 minuti, forse il più breve della storia repubblicana? -, dai toni vaghi ed ecumenici, per qualcuno tipicamente “democristiani”: nel quale cita o evoca un’infinità di temi – dall’immigrazione ai Marò, dalla Resistenza alla lotta all’evasione fiscale – senza eleggerne alcuno a qualificante e guardandosi dal porre gerarchie.
Ci si poteva aspettare di più? Forse no, ragionando sulla forma repubblicana italiana: nella quale al Presidente della Repubblica sono riservati compiti di rappresentanza notarile, di controllo e di ratifica, ma ben pochi se non nessun compito “operativo”. O forse sì, se si pensa che – pur in questo contesto costituzionale – un segnale, una linea di indirizzo chiaramente delineata, specie se pronunciata in un momento solenne come un discorso di insediamento, poteva sortire effetti – magari a livello “subliminale” – in chi li detiene, o poteri operativi, ovvero nel Governo.
Quindi? Accogliamo con moderata soddisfazione questi pur vaghi accenni: nella speranza che poi nel dibattito che avrà modo di strutturarsi possano focalizzarsi in strategie condivise. Certo avremmo preferito un discorso più coraggioso, che avesse magari derogato alla prassi sottolineando ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che con fatica si riesce a instradare sulla via di politiche concrete: ovvero che la valorizzazione e la gestione innovativa ed efficace delle nostre bellezze architettoniche e artistiche rappresentano in questo momento storico uno dei temi primari che possono aiutare la nostra economia ad uscire dalla crisi. Probabilmente, anzi, la partita decisiva per il dare un futuro sostenibile e di lungo periodo al sistema paese. Una faccenda di cui il Capo dello Stato dovrebbe occuparsi indefessamente.
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