Dimissioni dal Parlamento per Massimo Bray. Nella politica dei poltronismi, qualcuno che lascia. Per occuparsi di cultura, a tempo pieno
Massimo Bray se ne va. L’ex – amatissimo – Ministro dei Beni Culturali si porta dietro l’esperienza del suo breve dicastero, sotto il governo Letta, e quella di Parlamentare, eletto nel 2013 tra le fila del Partito Democratico. Decidendo all’improvviso di rinunciare alla poltrona di Montecitorio. Una scelta singolare, nella cornice del diffuso poltronismo, in […]
Massimo Bray se ne va. L’ex – amatissimo – Ministro dei Beni Culturali si porta dietro l’esperienza del suo breve dicastero, sotto il governo Letta, e quella di Parlamentare, eletto nel 2013 tra le fila del Partito Democratico. Decidendo all’improvviso di rinunciare alla poltrona di Montecitorio. Una scelta singolare, nella cornice del diffuso poltronismo, in cui – senza troppe remore – gli incarichi politici e dirigenziali si raddoppiano, gli stipendi si triplicano, le responsabilità si moltiplicano, spesso a beneficio dei conti correnti ma a discapito della resa. Lui no. L’ex Ministro gentiluomo, arrivato dal mondo della cultura e rimasto fedele alla sua immagine di militante discreto e appassionato, opta per la via del passo indietro, la mossa inversa e inaspettata di chi abbandona la partita, per onestà intellettuale.
Con una lettera inviata oggi al Presidente della Camera Laura Boldrini, Bray annuncia così le sue dimissioni, con tanto di motivazioni legate a un nuovo, possibile incarico: “In questi giorni si potrebbe concretizzare l’ipotesi di un mio maggiore impegno all’interno dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, dove ho avuto l’onore di iniziare a lavorare nel 1993 con Rita Levi Montalcini, ed è oggi presieduto da Franco Gallo. Una posizione come quella che mi è stata proposta non mi consentirebbe infatti di dedicare tutta la dovuta attenzione e il necessario impegno ai miei doveri di parlamentare”.
Insomma, nessuna incompatibilità di carica, come spiegato nel passaggio successivo, trattandosi di due ambiti completamente disgiunti, ma solo la voglia di portare a termine al meglio il proprio compito. C’era da decidere: o fare bene il parlamentare, o puntare tutto sulla carriera d’origine. E Massimo Bray, impegnatissimo anche con la sua nuova associazione #laculturachevince, ha scelto. In barba a rimborsi e privilegi: “Pur non esistendo impedimenti formali, le mie motivazioni vanno lette nella scelta convinta di dedicarmi a tempo pieno alla vita di un Istituto dove mi sono formato, maturando quell’esperienza che ho provato a mettere con tutta la dedizione possibile, attraverso il mandato parlamentare, al servizio del mio Paese e dei miei concittadini. La scelta del Partito Democratico di candidarmi, è stata una scelta mossa dalla consapevolezza della necessità di mettere la Cultura al centro dell’iniziativa politica; spero di aver interpretato nel modo migliore questa richiesta e le aspettative dei cittadini”.
La lettera prosegue, con uno slancio che palesa il dispiacere per la difficile rinuncia, e si chiude con una frase che dice molto dell’uomo, dell’intellettuale e del politico: “sono convinto che siano molti i luoghi in cui si possa dare un contributo alla vita democratica del nostro Paese”. Che è una maniera sintetica per raccontare l’idea di una politica al servizio della res pubblica e quella di una cittadinanza attiva, sempre responsabile. Dentro e fuori dalle aule e le stanze dei bottoni.
Massimo Bray consegna dunque la sua immagine agli archivi della storia politica italiana, nel segno di un accostamento non così scontato. Cultura e democrazia. Peccato che a uscire di scena siano, non di rado, coloro che il senso di questa liaison l’hanno afferrato davvero. Il potere logora chi lo possiede, lasciandosi possedere. Mollare, qualche volta, salva.
– Helga Marsala
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