Si chiama Canedicoda e vale la pena saperne di più. Arte, musica, design, performance: talento eclettico e anticonvenzionale. Ne parliamo sul prossimo Artribune Magazine
Ultimi giorni di lavoro, in attesa dell’uscita del prossimo Artribune Magazine. Rubriche, reportage, recensioni, editoriali, approfondimenti prendono forma, nell’architettura di un nuovo numero che spazia – come sempre – dall’arte al design, dal cinema al teatro, dall’editoria all’architettura, dai viaggi alla moda. E non manca il tradizionale spazio dedicato ai talenti e all’osservazione della scena […]
Ultimi giorni di lavoro, in attesa dell’uscita del prossimo Artribune Magazine. Rubriche, reportage, recensioni, editoriali, approfondimenti prendono forma, nell’architettura di un nuovo numero che spazia – come sempre – dall’arte al design, dal cinema al teatro, dall’editoria all’architettura, dai viaggi alla moda. E non manca il tradizionale spazio dedicato ai talenti e all’osservazione della scena artistica emergente: prezioso osservatorio curato da Daniele Perra, per fare il punto sulle energie più fresche e interessanti. Come nel caso di Canedicoda, classe 1979, cresciuto nell’entourage di Nico Vascellari, eclettico e difficilmente catalogabile. Design, moda, musica sperimentale, performing arts: attraversare tutto e con disinvoltura, nei panni del vero sperimentatore. Questa la sua caratteristica speciale. Personaggio singolare, timido, vulcanico, eccentrico, ipersensibile, lontano per natura dai riflettori mediatici: uno che ha difficoltà a definirsi “artista”. E che pure lo è. Nelle molte declinazioni del suo spirito curioso, creativo, anticonvenzionale.
Per conoscerne preferenze, gusti, passioni, ossessioni, l’intervista di Perra è una piccola guida dettagliata. A partire da quel bizzarro nome. Che arriva da dove? “Deriva da un gioco: la coda, elemento d’istintività e trasparenza, è proprietaria del cane, esempio di fedeltà”, ci spiega. E poi le t-shirt con stampe serigrafiche, le collaborazioni con lo spazio Codalunga di Vascellari, a Vittorio Veneto, gli art work per le copertine di dischi, i tanti progetti musicali, l’attività di organizzatore di concerti e quella di disegnatore di capi fashion. Anzi, anti-fashion. Ogni abito è un pezzo unico artigianale, completamente folle eppure portabile: più un’opera che un vestito. I suoi strepitosi pullover di lana, per esempio. Che definirli “collage” sarebbe persino più appropriato…
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