Lo Strillone: dalla monnezza all’arte vademecum per un’estetica del degrado su Il Foglio. E poi bufera sul Salone del libro, Juan Munoz, Gorizia
Ha senso oggi scrivere ancora di arte come monnezza e di estetica del degrado? Ha senso se sei un importante scrittore quasi novantenne che per tutta la vita ha frequentato arte e artisti, e se lo fai con l’approccio del pamphlet. È quello che fa Angiolo Bandinelli su Il Foglio: “La discarica, i rifiuti, gli […]
Ha senso oggi scrivere ancora di arte come monnezza e di estetica del degrado? Ha senso se sei un importante scrittore quasi novantenne che per tutta la vita ha frequentato arte e artisti, e se lo fai con l’approccio del pamphlet. È quello che fa Angiolo Bandinelli su Il Foglio: “La discarica, i rifiuti, gli oggetti consumati continuano a provocare disgusto e alienazione. Ma quando sono manipolati da un artista, suscitano attenzione, impensati dirottamenti logici e, infine, ironia”. Ma quando ha inizio tutto ciò? “Il primo a rovesciare in senso positivo il rapporto di uomo e cultura con il degrado è stato Marcel Duchamp. Il 2 aprile 1917 a Washington il presidente Thomas Woodrow Wilson incoraggia formalmente il Congresso a dichiarare guerra alla Germania… nel frattempo, a New York, tre giovani dall’aspetto bello ed elegante lasciano un bell’appartamento doppio al 33 della 67esima ovest, diretti al centro della città. I tre sono un giovane artista francese elegante e slanciato e due più tarchiati amici americani. Passeggiano chiacchierando gradevolmente, attraversano Central Park, scendono lungo Manhattan, passano sotto quel Flatiron Building che era molto piaciuto al giovane francese al suo arrivo a New York, si fermano dinanzi a un negozio specialista in forniture idrauliche, lo J. L. Mott Iron Works. Vi entrano. Quando ne escono, poco dopo, il giovane francese, che è appunto Duchamp, si porta appresso un normalissimo orinatoio in porcellana bianca”.
Non c’è pace per la cultura torinese, specie sul fronte editoriale. Dopo le vicende del Premio Grinzane Cavour, ora arriva la bufera sul Salone del libro: La Repubblica informa che “sotto la lente di almeno tre filoni d’inchiesta che si intrecciano tra loro finiscono le ultime edizioni del Salone del libro di Torino, e nei guai è il suo presidente e dominus, Rolando Picchioni, che da oltre 15 anni siede al vertice del consiglio di amministrazione e proprio in questi giorni sta trattando la possibilità di restare ancora”. Capitolo recensioni: Rocco Moliterni commenta su La Stampa la mostra di Juan Munoz curata da Vicente Todoli all’Hangar Bicocca di Milano: “un’installazione ‘gigantesca’ come Double Bind, realizzata nel 2001 da Munoz per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra e mai più ricostruita: l’artista spagnolo morì, non ancora cinquantenne, nell’agosto dello stesso anno”. Gorizia capitale della dissonanza: Il Corriere della Sera riprende il saggio che il linguista americano Thomas Harrison dedica un alla città giuliana (Editori Riuniti). E lo spunto che accresce l’interesse dell’articolo è l’autore, Gillo Dorfles, attivissimo alla verde età di anni 105.
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