Montano le polemiche per il padiglione-moschea alla Biennale. L’Islanda: “Tutto in regola”, e produce i documenti. Ma la chiesa ribadisce: “non è sconsacrata, ma semplicemente chiusa al culto”
L’ICELANDIC ART CENTER: TUTTO IN REGOLA, ECCO I DOCUMENTI “Nel 1973 l’allora Patriarca di Venezia Albino Luciani (poi divenuto Papa Giovanni Paolo I) decretò che la Chiesa sarebbe stata chiusa al culto e poi destinata ad usi profani. Fu venduto ad un privato, e fu usata come deposito per souvenir”. Non accennano a scemare le […]
L’ICELANDIC ART CENTER: TUTTO IN REGOLA, ECCO I DOCUMENTI
“Nel 1973 l’allora Patriarca di Venezia Albino Luciani (poi divenuto Papa Giovanni Paolo I) decretò che la Chiesa sarebbe stata chiusa al culto e poi destinata ad usi profani. Fu venduto ad un privato, e fu usata come deposito per souvenir”. Non accennano a scemare le polemiche attorno al padiglione dell’Islanda alla Biennale di Venezia, e all’ormai stranota moschea creata dall’artista svizzero Christoph Büchel nella chiesa veneziana di Santa Maria della Misericordia. Ce ne siamo già occupati, ci torneremo presto con una riflessione più approfondita: ma intanto è direttamente l’Icelandic Art Center (IAC), promotore del padiglione, a scendere in campo nel tentativo di dirimere la questione, consegnando ad Artribune una serie di documenti che comproverebbero la regolarità dell’operazione, da tutti i punti di vista.
IL PATRIARCATO: MA LA CHIESA NON È SCONSACRATA
Fra questi c’è il decreto firmato proprio da Luciani – lo trovate in allegato – che attesta che la chiesa veneziana di Santa Maria della Misericordia viene “chiusa al culto e può essere destinata ad usi profani”. Non entriamo in questa sede nella temperie di riflessioni anche sociologiche che questa vicenda innesca: ma ci limitiamo a riferire i dati “tecnici”. E registriamo la replica che indirettamente giunge da fonti ecclesiastiche: “Non si tratta di una chiesa sconsacrata. È semplicemente chiusa al culto dal 1969”, scrive un organo di stampa vicino al Vaticano. E le due condizioni pare che esprimano esiti diversi, tanto da sostanziare – a rigor di norme – le obbiezioni di chi protesta per la babele di culti che si genererebbe. “L’intervento così attuato”, recita una nota del Patriarcato, “ricade su componenti della città che avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolte per meglio condividere un’esperienza che ha risvolti sociali, culturali e religiosi, anche nella prospettiva di accrescere le relazioni cordiali e la serena convivenza tra quanti vivono e frequentano Venezia, per eccellenza città dell’incontro tra culture e fedi differenti”.
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