Il sassolino nella scarpa. A nessun governatore regionale frega niente della cultura. I rumors sui nuovi assessori sono solo per Sanità, Infrastrutture, Lavori pubblici: dove girano “i sòrdi”
Le ripetute dichiarazioni del presidente Mattarella, per premier Renzi, anche del ministro Franceschini, sulla centralità strategica della cultura per il futuro dell’”azienda” Italia? Solo chiacchiere al vento. Per lo meno: solo dichiarazioni di intenti, che a livello centrale si vanno traducendo – va riconosciuto – in politiche promettenti per il settore, ma che non riescono […]
Le ripetute dichiarazioni del presidente Mattarella, per premier Renzi, anche del ministro Franceschini, sulla centralità strategica della cultura per il futuro dell’”azienda” Italia? Solo chiacchiere al vento. Per lo meno: solo dichiarazioni di intenti, che a livello centrale si vanno traducendo – va riconosciuto – in politiche promettenti per il settore, ma che non riescono ad intaccare lo zoccolo duro della politica politicante che rappresenta gran parte del potere reale nel Paese. Ovvero le amministrazioni locali, quelle che poi queste dichiarazioni di intenti dovrebbero metterle in atto nella loro presenza capillare sul territorio.
Il riferimento di attualità è quello della recente tornata elettorale amministrativa, che ha portato al rinnovo di sette governi regionali. Noi di Artribune, trascorso un lasso di tempo fisiologico necessario a consolidare i risultati e a riprendersi dalle sbornie, abbiamo cominciato a guardarci intorno, per vedere se dai tanti rumors che prontamente fioriscono in questi casi uscisse fuori qualche indicazione per i nomi che più ci interessano da vicino: ovvero quelli di Assessore alla Cultura. Certi, noi, che le “dichiarazioni di intenti” di cui sopra fossero giunte fino alla periferia, e che l’Italia finalmente iniziasse a realizzare che il patrimonio culturale è la sua vera forza, il vantaggio competitivo che ci deve mettere davanti a tutti nella competizione europea e globale, e che quindi la scelta di chi se ne occuperà per i prossimi 5 anni sia una delle priorità dei nuovi governatori.
Ci tocca invece prendere drammaticamente coscienza che l’Italia non cambia. Non in uno dei mille articoli che si lanciano in anticipazioni, indiscrezioni, totoassessori, spesso ispirati da dichiarazioni degli stessi presidenti, esce fuori la casella Cultura. Senza distinzioni di orientamento politico: sinistra, destra, centri o centrini vari, le attenzioni sono solo per i posti chiave di Sanità, Infrastrutture, Lavori pubblici: ovvero quei posti dove girano “li sòrdi”, dove si può sistemare l’amico o il parente, favorire l’azienda che mi ha pagato la campagna elettorale.
Esempi? Di ogni colore, dicevamo: dalla rossa Toscana si assicura che Enrico Rossi stia fortemente pensando a Stefania Saccardi, renziana di ferro, per l’assessorato alla Sanità, mentre Vincenzo Ceccarelli sarebbe confermato ai Trasporti e Infrastrutture. Nella neoforzista Liguria Giovanni Toti propenderebbe per la presidenza del consiglio a Francesco Bruzzone, mentre Edoardo Rixi avrebbe deleghe importanti come quella al Porto e alle Infrastrutture e Forza Italia dovrebbe avere l’assessorato al Turismo. Discorso un po’ diverso per Vincenzo De Luca in Campania che, tra i vari problemi che dovrà affrontare con la sua giunta, dovrà individuare un assessore assai strategico per le sorti di strutture culturali di rilevanza nazionale come il Madre di Napoli, dove ad ogni cambio di colore nell’amministrazione regionale c’è stata una rivoluzione. Sarà così anche questa volta? E se Zaia in Veneto imperversa con il suo monocolore Lega pensando agli strapuntini per gli alleati Fi e Fdi, Emiliano in Puglia pare che metterà Antonio Nunziante, ex prefetto di Bari, all’Ambiente. Cultura? Niente. Se qualche lettore avesse notizie, le attendiamo fiduciosi…
– Massimo Mattioli
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