Quando l’Unesco fa il suo lavoro a dovere. L’organismo scende in campo in Libano per proteggere i siti archeologici di Tiro e Baalbeck
Se l’apprensione internazionale per le sorti di Palmira, conquistata nelle scorse settimane dai miliziani dell’ISIS, è ancora altissima, dall’area mediorientale giunge anche qualche notizia in controtendenza, sul piano del patrimonio storico artistico e della sua salvaguardia. E fra i protagonisti c’è anche quell’Unesco, spesso nell’occhio del ciclone per la sua inadeguatezza alla missione iscritta nel […]
Se l’apprensione internazionale per le sorti di Palmira, conquistata nelle scorse settimane dai miliziani dell’ISIS, è ancora altissima, dall’area mediorientale giunge anche qualche notizia in controtendenza, sul piano del patrimonio storico artistico e della sua salvaguardia. E fra i protagonisti c’è anche quell’Unesco, spesso nell’occhio del ciclone per la sua inadeguatezza alla missione iscritta nel proprio Dna, ovvero proprio la protezione di beni e siti, in questo caso archeologici.
Stavolta il teatro è il Libano: dove l’organismo sovranazionale ha siglato il 1 giugno un accordo con il Consiglio per lo Sviluppo e la Ricostruzione, legato alla conservazione dei siti archeologici di Tiro (nel sud del Paese) e Baalbeck (est), entrambi dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. L’accordo si basa essenzialmente sulla consulenza e assistenza tecnica da parte dell’Unesco al Ministero della Cultura e la Direzione Generale delle Antichità.
Nella città di Tiro, fondata agli inizi del terzo millennio a.C. e conosciuta nell’antichità come la centro di riferimento per il predominio fenicio dei mari, sono presenti, tra le altre vestigia di quell’epoca, un ippodromo romano, l’antico porto ed i resti della Cattedrale dei Crociati. A Baalbeck ci sono templi dedicati a Giove, Bacco e Venere, iniziati a costruire verso la fine del primo secolo a.C. e considerati fra le rovine romane meglio conservate al mondo.
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