Burriana / 3. Viaggio in Italia sulle tracce di Alberto Burri. A Città di Castello, fra Palazzo Albizzini e gli ex Seccatoi del tabacco
Siamo in agosto, tempo di vacanze e di viaggi. E allora anche Artribune ha deciso di raccontarvi un viaggio: ma non uno qualsiasi, bensì – onorando la propria “ragione sociale” – uno ad alta caratura artistica. Con la nostra Antonella Crippa seguiamo dunque un tour d’Italia sulle tracce del grande Alberto Burri, nel centenario della […]
Siamo in agosto, tempo di vacanze e di viaggi. E allora anche Artribune ha deciso di raccontarvi un viaggio: ma non uno qualsiasi, bensì – onorando la propria “ragione sociale” – uno ad alta caratura artistica. Con la nostra Antonella Crippa seguiamo dunque un tour d’Italia sulle tracce del grande Alberto Burri, nel centenario della nascita. Da Milano a Perugia, fino a Gibellina, una serie di news per raccontare luoghi, opere, musei, persone, sensazioni legate all’artista umbro, sempre con parole e immagini…
15 agosto, Città di Castello. Arrivata da Perugia con il trenino della FCU, Ferrovia Centrale Umbra – un solo binario, un solo passeggero – ho l’impressione che la cittadina sia vuota. Circondata da basse mura, situata in una conca nella valle del Tevere, Castello è segreta, “altera e dolente” poiché, come recita una targa in piazza San Francesco, si è vista sottrarre Lo sposalizio della Vergine e la Crocifissione Mond, portati a Milano e a Londra. Mi confermano che le vie sono spesso deserte: “c’è un po’ di vita il giovedì sera, i negozi sono aperti anche dopo cena, e sono venuti in tanti per la mostra Au rendez-vous des amis“, la cui inaugurazione ha chiuso l’omonimo Convegno internazionale curato da Bruno Cora’. Nel cuore dei tifernati, appena dopo Raffaello e a pari merito con il cavaliere di ventura Vitellozzo Vitelli la cui famiglia ha edificato i palazzi più belli, si piazza Alberto Burri. Le celebrazioni per il suo centesimo compleanno sono cominciate il 12 marzo (segno zodiacale, pesci: creativi, sognatori e idealisti, tendono a cercare la stabilità affettiva e lavorativa come una forma di contrappeso alla loro instabilità emotiva, fonte: Wikipedia Astrologia); istituite con la legge (!) n. 63 del 14.04.2014, prevedono mostre, incontri, tavole rotonde, restauri, un nuovo Catalogo generale in 6 volumi, un film, e persino l’emissione di un francobollo da €0,80. Riprenderò a scrivere cartoline.
La collezione della Fondazione Burri a Palazzo Albizzini e agli ex Seccatoi del tabacco rappresenta la chiave di volta del mio viaggio; mi colpisce l’orgogliosa rappresentazione che Burri dà di sé e il controllo su spazio e opere: in Nero 1 del 1948, la prima opera esposta, c’è già tutto: la materia, la muffa, il cretto; nella sala successiva, in SZ1, 1949, l’artista rappresenta il rapporto tra se stesso, l’arte americana e l’Europa; Bonalumi e Castellani sono nel Gobbo del 1952, Rauschenberg nel Grande Bianco 1952 (Biennale di Venezia), Manzoni nel Bianco, 1952, e Kounellis nel Tutto Nero del 1956. E poi, mi sorprende ancora: chissà se Seth Price conosce Legno, 1956, o Wade Guyton e quelli dell’arte di processo hanno guardato muffe e combustioni? Forte la dimensione sessuale; deliziose le etichette con il titolo e l’anno battute con quella macchina che stampava le lettere in rilievo. E poi le plastiche degli anni Sessanta – trasparenti, rosse e nere, come quella magnifica che vinse il premio Marzotto – e i cretti. Agli ex Seccatoi, l’odore del tabacco impregna tutto l’ambiente; fa venire in mente il sughero, che è il colore di tanti cellotex. Qui il lavoro è a scala ambientale e territoriale; il pensiero va agli americani e agli inglesi della Land Art, da Richard Serra a Anthony Caro, fino a Anish Kapoor. I cicli Annottarsi, 1985-1987, Non Ama il Nero, 1988, e Il Nero e l’oro, 1992-1993, chiudono il percorso; finisce Burri e cominciano Boetti e Rem Koolhas.
– Antonella Crippa
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