Frida Kahlo al New York Botanical Garden. Una mostra ricostruisce il giardino e l’atelier della Casa Azzura. Dove Frida visse e morì
Frida Kahlo, il suo stile eccentrico, la sua indole caparbia e fragile, la sua forza vitale e la sua insofferenza alle convenzioni. Un’intera esistenza, quasi come un brano straordinario di letteratura. Dalla malattia come condizione costante, alla pittura come salvezza; dall’attenzione ad abiti e accessori, al recupero delle radici messicane; dall’amore per Diego alla cura […]
Frida Kahlo, il suo stile eccentrico, la sua indole caparbia e fragile, la sua forza vitale e la sua insofferenza alle convenzioni. Un’intera esistenza, quasi come un brano straordinario di letteratura. Dalla malattia come condizione costante, alla pittura come salvezza; dall’attenzione ad abiti e accessori, al recupero delle radici messicane; dall’amore per Diego alla cura appassionata per le piante. L’arte, la vita, il giardino di Frida. Tutto questo si concentra, fino al 1 novembre 2015, in una grande mostra blockbuster ospitata dal New York Botanical Garden e curata da Adriana Zavala. “Frida Kahlo: Art, Garden, Life” ricostruisce il mondo dell’artista concentrandosi sul teatro di oggetti, luoghi ed amori che hanno fatto la meravigliosa vicenda biografica di un personaggio unico. L’idea è quella della ricostruzione, dell’evocazione storica e affettiva, attraverso cui coinvolgere il pubblico, catapultandolo altrove: là dove Frida posava il suo sguardo, ogni giorno, trovando linfa per i suoi quadri. Il tutto filtrato dal tema dell’ispirazione botanica e naturalistica.
In mostra ci sono oltre una dozzina di dipinti originali e opere su carta, accomunati dalla fascinazione per la natura: still life con frutta esotica e pappagalli, autoritratti incorniciati da fucsie e zinnie, decorazioni di mandragore, scorci onirici di vegetazione lussureggiante.
Non solo opere, però. Lungo il percorso il pubblico si imbatte nello studio di Frida, appositamente ricostruito, e nel rigoglioso giardino su cui lo stesso atelier si affacciava. È lì, nella Casa Azzurra di Coyoacán (Citta del Messico), che l’artista trascorse la vita, accanto al marito Diego Rivera. E proprio negli anni in cui la malattia si era aggravata (a partire dal 1940), ella trascorse fra quelle mura celesti gran parte del suo tempo: tutto il suo universo era lì, nella pratica costante della pittura e nella contemplazione di piante, fiori, arbusti; lì dove i colori accesi del suo piccolo Eden si facevano quinte surrealiste, trame spettacolari e fuochi d’artificio. Un luogo in cui riflettere il proprio volto, per trovarsi e reinventarsi: prigioniera di un giardino felice da cui la sofferenza – così come l’amore – non era mai scivolata via.
Completano il pacchetto filmati, foto rare, spettacoli, concerti, punti di ristoro con cucina messicana e una app con immagini e commenti di esperti. Con l’opzione per creare e condividere il proprio “Frida Selfie”. Una mostra popolare, destinata al grande pubblico e concepita per incassi record, che regala un viaggio suggestivo, curato in ogni dettaglio.
“Dipingo i fiori così che non possano morire“, scrisse una volta Frida Kahlo. La pittura era per lei attaccamento viscerale alla vita, celebrazione della bellezza e resistenza al dolore, oltre la natura effimera dei corpi, delle piante, delle cose. In quella casa, circondata da un incantevole giardino, Frida si spense nel 1954, un anno dopo l’amputazione della sua gamba destra. Aveva solo 47 anni.
– Helga Marsala
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