“Se torni a Casoria ti spezziamo le gambe”. Minacce di tipo mafioso ad Antonio Manfredi, direttore del museo Cam: alla base ci sarebbe una sua denuncia per il furto di una scultura
Che Antonio Manfredi, il direttore del museo Cam di Casoria, sappia maneggiare bene le corde della comunicazione, e non esiti a farlo, spesso con operazioni provocatorie e non di rado estreme, è questione notoria anche al di fuori del mondo dell’arte. Molti ricorderanno nel 2012 i controversi roghi della CAM Art War, quando – per […]
Che Antonio Manfredi, il direttore del museo Cam di Casoria, sappia maneggiare bene le corde della comunicazione, e non esiti a farlo, spesso con operazioni provocatorie e non di rado estreme, è questione notoria anche al di fuori del mondo dell’arte. Molti ricorderanno nel 2012 i controversi roghi della CAM Art War, quando – per protestare contro l’abbandono delle istituzioni culturali – vennero bruciate alcune opere della collezione del museo.
Eppure in questa occasione probabilmente anche Manfredi avrebbe volentieri evitato di guadagnare gli onori delle cronache: coinvolto in una faccenda che pare avere diverse parentele – almeno verbali – con la mafia. “Non azzardarti a tornare più a Casoria altrimenti ti spezziamo le gambe“: minacce di questo tipo gli sono state rivolte con tre telefonate da un’utenza anonima, mentre si trovava in vacanza lontano dalla sede del museo. “Cosa credevi di fare, hai veramente rotto. Attento a dove vai, o sono guai per te“.
E proprio le allusioni a qualcosa fatto dal direttore, hanno da subito indirizzato le indagini sulla denuncia sporta nei giorni scorsi, e legata alla sparizione di una grande scultura dell’artista giapponese Kaori Kavakami, affidata dal Cam al Comune di Casoria per essere esposta in uno spazio della Villa Comunale. Non si esclude che l’opera, pesante due tonnellate, possa essere stata venduta a commercianti di ferro vecchio.
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