Conquiste di civiltà: in Italia i musei sono servizi pubblici essenziali. Il Decreto Franceschini varrà anche per gli investimenti?

Una bella pagina di lucida spregiudicatezza politica ha contrassegnato l’ultimo – tra gli ennesimi – piccolo sabotaggio attuato dai dipendenti della Soprintendenza Archeologica di Roma verso i visitatori dei siti che sotto la giurisdizione della Soprintendenza ricadono, in primis il Colosseo. Una assemblea, peraltro ampiamente comunicata e autorizzata, ha lasciato fuori dall’Anfiteatro Flavio e dai […]

Una bella pagina di lucida spregiudicatezza politica ha contrassegnato l’ultimo – tra gli ennesimi – piccolo sabotaggio attuato dai dipendenti della Soprintendenza Archeologica di Roma verso i visitatori dei siti che sotto la giurisdizione della Soprintendenza ricadono, in primis il Colosseo. Una assemblea, peraltro ampiamente comunicata e autorizzata, ha lasciato fuori dall’Anfiteatro Flavio e dai Fori Imperiali migliaia di turisti nella mattina di venerdì 18 settembre: era tutto previsto, ma complice qualche comunicato stampa ben assestato, un avviso con tanto di errore di orario e il classico fuoco di fila di tweet da parte del Primo Ministro e del Ministro della Cultura, il caso è gonfiato per tutta la giornata fino ad aver portato nella riunione del Consiglio dei Ministri, prevista per la serata, un decreto legge nuovo di pacca che, una volta convertito in legge, equiparerà i musei e gli spazi culturali ai servizi pubblici disciplinati dalla legge 146 del 1990.
Sostanzialmente Dario Franceschini, a quanto pare e per fortuna non stufo di rivoluzionare l’ambito che è chiamato ad amministrare, equipara i musei agli ospedali, alle scuole, alle forze dell’ordine, ai trasporti pubblici e così via. Tutti ambiti in cui il diritto di sciopero chiaramente esiste, ma dove questo diritto si può esercitare solo evitando di ledere i diritti di chi deve fruire del servizio erogato. Per tacere poi del preavviso, che deve essere molto più ampio (almeno 10 giorni).
Come abbiamo anticipato stamane sulla nostra pagina Facebook, l’unica cosa positiva della brutta chiusura del Colosseo in faccia ai turisti sarebbe stato il suicidio dei sindacati. E così è stato. Il governo, da sempre in polemica con organizzazioni rimaste, nella migliore delle ipotesi, ferme a quaranta anni fa, non se l’è fatto dire due volte ed in un istante ha confezionato una nuova norma urgente volta a assestare l’ennesimo fendente al mondo forse più distante dal renzismo.
Fin qui le notizie positive. Presto però un fatto così rivoluzionario presenterà le sue incongruenze.In attesa di leggere il testo del decreto (che comunque è formato da un solo articolo) ci si può domandare fino a che punto si può parlare di spazi culturali. I musei lo sono, e le fondazioni, e le gallerie private, e le librerie? E i cinema? Sono tutti luoghi dove si eroga cultura e, quindi, luoghi che in base alle nuove norme forniscono servizi essenziali e basilari, come il trasporto mattutino del pane e del latte.
Al di là di questioni di perimetro, poi, c’è da considerare la strisciante ipocrisia di fondo. Se il Governo, infatti, considera la cultura un servizio essenziale, come può consentire che una percentuale del Pil così minimale vi sia destinata? Come può consentire tagli  indiscriminati, specie a livello locale (ma frutto di mancati trasferimenti centrali)? In Italia molti musei boccheggiano, altri chiudono, altri sono impossibilitati a svolgere una seria attività scientifica: se si tratta di servizi pubblici essenziali allora bisognerà anche investirci a dovere perché altrimenti l’ostacolo all’erogazione di servizi di base potrebbe provenire dall’amministrazione stessa, non solo dalle organizzazioni sindacali. “Questo decreto è una conquista di civiltà” ha detto il Ministro Franceschini. Vero, ma che sia un tassello di un mosaico concreto.

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Redazione

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